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lunedì 29 gennaio 2007

L'ammutinamento

Come avevamo anticipato nel post di lunedì scorso, il Ministero dell'Interno sta elaborando la circolare che dovrebbe chiarire, presumibilmente ai primi di febbraio, le modalità di applicazione dell'art. 1, c. 732, della Finanziaria 2007 che attribuisce il collegio di revisione ai soli comuni sopra i 15.000 abitanti. La posizione del Ministero, secondo quanto riferisce il Sole 24 Ore di oggi, è appunto quella che garantisce i collegi ora in carica da una revoca immediata e rimanda alla scadenza naturale del mandato la nomina del revisore unico. In sostanza, verrebbero tacciati coloro che sin dall'inizio della polemica si erano schierati per un inequivocabile sì all'esautorazione senza indugi dell'organo collegiale. La presa di posizione era argomentata anche per analogia rispetto a quanto stabilito dal Ministero della Pubblica istruzione in una circolare (3 gennaio 2007, n. 1) che stabilisce che dal «1° gennaio 2007 non possono più operare i collegi dei revisori dei conti già nominati nelle singole istituzioni». C'è però un ulteriore coda alla querelle. I professionisti della revisione, infatti, non sono per niente soddisfatti dalla piega che sta prendendo il Codice delle Autonomie (che, mediando tra norma vecchia e nuova, fisserebbe a 10.000 abitanti il limite per il collegio a tre) e i Dottori commercialisti paventano addirittura l'estrema ratio: abbandonare i Comuni. Cosa accadrebbe in quel caso è certamente una primizia: nessun candidato di quell'ordine si proporrebbe per la nomina e, conseguentemente, nessun collegio potrebbe formarsi. En passant mi chiedo che diritto avrebbe il revisore in scadenza di abbandonare l'incarico, comunque prorogato fino alla nuova nomina. D'altronde, è solo un'ipotesi di scuola. Ma a essere davvero curiosa è la motivazione di tale sommovimento. Il revisore, quando è unico, non garantirebbe, secondo i commercialisti, sufficiente autonomia dei controlli. E perché mai? Perché è più facile influenzare un professionista, anziché tre, sostengono implicitamente. Ma allora il problema è del revisore che si fa influenzare, non della norma che fissa un limite. Dal ragionamento dei commercialisti, naturalmente, discenderebbe la necessità di avere tre revisori dappertutto, anche, al limite, nei comuni di 100 abitanti (e se la proposta non fosse questa, non si capirebbe perché sia stata imbastita la polemica). Ma allora, già che ci siamo, facciamo una proposta alternativa. Stabiliamo che non vi sia un limite al numero dei componenti (purché dispari, ovviamente), ma in entrambi i sensi. Escludiamo solamente i comuni davvero piccoli (diciamo sotto i mille abitanti), per i quali un revisore è indubbiamente più che sufficiente. E però lasciamo alle amministrazioni il compito di individuare la combinazione più adatta dell'organo, senza andare con il bilancino a scegliere un ragioniere, un revisore e un commercialista. Allo Statuto sarebbe lasciato il compito di fissare le norme generali da applicare poi nella nomina effettiva del collegio che in ogni caso è affidata al Consiglio con votazione plurima. La tendenza sembra però quella di una riduzione complessiva dei costi di questa natura. Tra qualche settimana, forse, i primi responsi. E forse, chissà, le prime defezioni.

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