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giovedì 20 dicembre 2007

Patrimonio nazionale

Nel breve volgere di una decina di giorni, i Comuni che hanno già applicato l'addizionale all'IRPEF proveranno l'ebbrezza della riscossione diretta. La procedura (a suo tempo introdotta dall'art. 1, c. 143, L. 296/2006) è stata presentata da più parti come un evento di portata inusitata. Certo, a confronto con quanto accaduto finora, è innegabile vedervi parecchi lati positivi, soprattutto in relazione alla gestione di cassa. Tuttavia si tratta di una novità epocale solo fino a un certo punto, giacché le due modalità previste dal Ministero dell'Economia e delle Finanze velocizzeranno sì l'accredito di somme normalmente attese per mesi, ma andranno a cozzare contro lo scoglio di Poste italiane Spa. Come è noto, il Ministero dell'Interno, senza consultarsi con il collega del MEF, ha chiesto da diverse settimane agli enti locali (si veda la circolare n. 19/2007) di aprire celermente un nuovo conto corrente postale sul quale far confluire gli accrediti dell'addizionale. Persino la denominazione del conto è stata consigliata: "Comune di .... - Addizionale comunale all'IRPEF". Per quale ragione, però, tutto ciò sarebbe indispensabile, come indicato dal Viminale, "per consentire una corretta applicazione" del sistema di riscossione? Dalla lettura del decreto che disciplina in dettaglio le modalità dell'accredito diretto si ricavano due elementi basilari. Innanzitutto, se il sostituto d'imposta versa attraverso il modello F24, l'Agenzia delle Entrate predispone un elenco di nuovi codici tributo utilizzabili senza altri specifici adempimenti. Tra l'altro, ad oggi, navigando per il sito dell'Agenzia non mi sono ancora imbattuto in questo elenco, che apparirà dal nulla con ogni probabilità all'ultimissimo istante. Questa modalità comunque, verosimilmente adottata dalla maggioranza dei sostituti, è la stessa che il legislatore ha consentito per il versamento dell'imposta comunale sugli immobili a partire da quest'anno. Non mi risulta che, in quell'occasione, il Ministero dell'interno abbia chiesto l'apertura di un conto corrente postale. Se, alternativamente, i movimenti finanziari del sostituto d'imposta sono gestiti attraverso una tesoreria, è attuabile l'alternativa modalità che prevede il classico girofondi da una tesoreria all'altra. Non solo, poiché lo stesso giorno vedrà l'esordio del modello F24 EP, è addirittura possibile che i movimenti di tesoreria in senso stretto si assottiglino ulteriormente. Anche qui, nell'uno e nell'altro caso, mi chiedo, che differenze ci siano con qualsiasi altro pagamento tra amministrazioni pubbliche. Senza contare, poi, l'aspetto più grottesco della vicenda. L'apertura di un nuovo conto postale non è certo gratuita; soprattutto non è gratuita (e neppure economica, nonostante il Comune sia cliente assiduo e fedele) la tenuta del conto. Non mi risultano, inoltre, convenzioni ministeriali con Poste italiane Spa in base alle quali sia garantito un certo numero gratuito di operazioni su questo tipo di conti. Il che, in soldoni, significa un esborso del tutto irragionevole a fronte dei numerosi accrediti (anche di pochissime decine di euro) che confluiranno su quei conti dal prossimo mese. Se tutto ciò può essere assorbito dalle realtà di maggiore dimensione (il che, naturalmente, non giustifica un'imposizione in sè antieconomica), non lo è senz'altro per enti piccoli o piccolissimi. Gli unici fortunati, per ora, sono gli enti che non hanno ancora introdotto l'addizionale. Diamo tempo al tempo, però: basta così poco per obbligarli ad adeguarsi.

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