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mercoledì 28 novembre 2007

Luce in fondo al tunnel

Se il buongiorno si vede dal mattino, alla sezione di controllo della Corte dei conti dovranno dare un’iniezione di ricostituente, prima che inizi il nuovo anno. Non mi riferisco solamente alla pletora di comunicazioni che inonderanno le sedi regionali per effetto delle disposizioni di una Finanziaria mai così esplicita nel coinvolgere la Corte nell’applicazione dei suoi dispositivi. Tra regolamenti da vagliare per esprimere pareri, relazioni da analizzare, e via archiviando, si preannuncia per la magistratura contabile un primo semestre infuocato. Ma c’è dell’altro. Rileggendo lo Struzzo giallo di venerdì scorso, infatti, mi sono accorto della notizia dedicata a un recente parere della sezione campana che tenta di arginare per tempo quello che potrebbe trasformarsi in un diluvio. Un consigliere appartenente ai gruppi di minoranza di un ente locale aveva vivacemente contestato, ritenendole insufficienti, le spiegazioni che il responsabile del servizio finanziario gli aveva fornito sul bilancio di previsione 2007. Aveva così preteso che il Sindaco si attivasse per trasmettere alla Corte dei conti tutta la documentazione, compresa la relazione dell’organo di revisore dei conti. Poiché il primo cittadino non era del tutto convinto della obbligatorietà di questo invio, ha giustamente interpellato gli eventuali destinatari chiedendo se esistesse una norma che lo vincolasse in quel senso. La risposta della sezione di controllo non poteva che essere negativa, data l’assenza di disposizioni che regolano questo poco ortodosso collegamento tra enti e Corte. Le uniche corsie sulle quali possono scorrere gli atti di bilancio, con o senza pedaggio, sono quelle dei questionari introdotti dalla Finanziaria 2006 e ormai entrati a regime, preferenziali e intermediate, perché a cura e firma dei revisori. Altri percorsi non ve ne sono. A meno che non ci si affacci al balcone del danno erariale, da cui si gode un panorama vasto e senza orizzonte ottico. Il punto della questione, infatti, è un altro. Se la funzione di controllo e collaborazione della Corte non viene sistematizzata al più presto, il rischio è che si passi dalla massima discrezionalità alla massima confusione. Si potrebbe evitare, ad esempio, il ricorso sporadico alla verifica di atti e fatti predeterminati per legge, pratica che pare prendere piede poiché al legislatore costa niente inserirla qua e là, quando conviene. In questo modo, i pur capaci scaffali della Corte (magistratura, comunque, più informatizzata di altre) non si riempirebbero di scartoffie trasmesse senza logica e senza, soprattutto, un obiettivo che non sia quello di appioppare al miglior soggetto esterno disponibile la patata bollente. Dal canto suo, la stessa Corte si predispone a ricevere tutto quel bendidio, adottando con mossa preventiva un modello che sarà inviato ai singoli enti i quali si premureranno di compilarlo per fornire in un colpo solo tutti i dati richiesti. Il palliativo studiato dalle sezioni di controllo, però, serve solo a tamponare un presumibile uragano. Cosa vuole fare della Corte dei conti il legislatore? Non potendola, d’un botto, trasformare in una riesumazione dei vecchi O.re.co., e non potendo neppure lavarsene le mani, dovrà sul serio pensare a un assetto definitivo e sistematico di controlli sugli atti degli enti locali. Che metta gli operatori non politici nei comuni al riparo dalla leggerezza gestionale di qualche amministratore in vena di spendere. E che traghetti finalmente le autonomie locali dalla zattera nell’oceano su cui oggi sopravvivono alla spiaggia tranquilla della prolungata certezza normativa.

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