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lunedì 17 settembre 2007

Un anno sull'altopiano

Il lungo inverno della contabilità ambientale è appena iniziato. Decorrono da poco più di una settimana i dodici mesi necessari al Governo per imbastire, assecondando i criteri generali del disegno di legge delega approvato in Consiglio dei ministri, il decreto legislativo che attuerà, anche per gli enti locali, i verdissimi principi dell’impatto ecologico dell’amministrazione pubblica. E’ ben scarno il ddl, solo tre articoli, dei quali è il secondo a costituirne l’ossatura centrale, quello che dice come dovranno essere i futuri bilanci (anche) comunali. E visto che dobbiamo partire da qui, pur restando scettici di fronte a un sistema che mette decisamente il carro davanti ai buoi, val proprio la pena di entrarci a capofitto per veder subito cosa ci toccherà in sorte. Partiamo, comunque, dall’incipit. La motivazione di questo moto di insurrezione contabile (contenuta nell’articolo 1) sarebbe quello “di assicurare conoscenza, trasparenza e responsabilità all'azione di governo rispetto ai principi dello sviluppo sostenibile, nell'integrazione delle sue dimensioni economica, sociale ed ecologica, e di assicurare, altresì, il diritto all'informazione ambientale.” Non ci stupiamo, naturalmente, del suono ridondante e altero di questa petizione governativa. Siamo abituati ad aberrazioni linguistiche ben peggiori. Ne mettiamo in risalto, però, l’intima contraddizione o, se preferite, sovrabbondanza, perché è inevitabile parlare di ricadute sociali quando si affrontano questi temi dal coté ambientale. E dunque, avremo un bilancio ambientale obbligatorio accanto a un bilancio sociale facoltativo. I sofisti rileveranno immediatamente che quest’ultimo ha una finalità affatto speciale, rivolto com’è alla platea di ‘portatori di interesse’ che non possono essere ridotti a un unico aggregato da mettere sotto la bandiera dell’ecologia. Ragionamento apparentemente inattaccabile, che però non impedisce di sottolineare che, in qualche modo, i due documenti si pestano i piedi e dunque, poiché il primo, a differenza del secondo, sarà cogente, sono pronto a scommettere che i comuni meno attrezzati abbandoneranno l’ipotesi di approvare un rendiconto sociale per adeguarsi all’adempimento di legge. A meno che, con una necessaria dose di scaltrezza, non si scelga un sistema misto che faccia confluire nel bilancio ambientale dati e argomentazioni pertinenti a quello sociale. A cosa fa riferimento, infatti, il testo già citato quando parla di “trasparenza e responsabilità all’azione di governo” se non al concetto di accountability ormai caro agli studiosi? Questo duello all’arma bianca che indurrà i più a una drastica scelta pragmatica si sarebbe potuto evitare con un accorpamento delle istanze ambientali e sociali in un unico sistema di programmazione. Presumo, però, che un’ipotesi di lavoro che obblighi ministeri diversi a comunicare fra loro per giungere a un obiettivo condiviso resti fuori discussione, nell’Italia odierna. Le cose, tuttavia, si complicano maledettamente quando il ddl entra nel merito della proposta e spiega cosa si deve intendere per bilancio ambientale. Se avevate pensato a un documento articolato ma leggero, completo ma non irrigidito su posizioni stantie, vi devo deludere. Qui dentro c’è talmente tanta ciccia che non basterà l'ordinaria procedura annuale per l’approvazione del bilancio (o del rendiconto). Infatti, le componenti fondamentali del BA dovranno essere: 1) un bilancio di previsione ambientale, "che espone le scelte effettuate dall'amministrazione per l'esercizio successivo ai fini della sostenibilità ambientale delle proprie politiche"; 2) un rendiconto ambientale, "che evidenzia i risultati delle politiche ambientali perseguite dall'amministrazione nell'esercizio precedente, ponendoli a raffronto con i dati del bilancio ambientale di previsione"; 3) una serie di conti ambientali, "elaborati ai fini della predisposizione del bilancio ambientale, ovvero l'insieme di conti e indicatori fisici e monetari, costituiti e organizzati in modo tale da favorire la rilevazione e la valutazione integrata dei fenomeni ambientali e dei fenomeni economici e sociali correlati". Vista così, pare pure semplice. Con un pizzico di analisi in più, cominciamo a vedere che: il punto 1 comporta non tanto la spiegazione dei programmi amministrativi in chiave ambientale, quanto la costruzione di un secondo bilancio, accanto a quello tradizionale, che legga tutto il documento di programmazione in chiave verde; il punto 2 è il vero doppione rispetto al rendiconto sociale, con le conseguenze che ho paventato poc'anzi; il punto 3 altro non è che la declinazione "ecologica" della Relazione previsionale e programmatica e del Bilancio pluriennale. Quindi, purtroppo, si dovrà lavorare davvero il doppio per completare in tempo questa prova erculea. Siccome nel prosieguo si dice anche che sarà indispensabile prevedere "carattere sistematico e obbligatorio delle procedure, nonché periodicità, articolazioni e contenuti del sistema di contabilità ambientale tali da garantire integrazione, collegamento, confrontabilità e contestualità con gli atti ed i documenti di programmazione economico finanziaria e di bilancio degli enti interessati, assicurando il carattere di informazione complementare del bilancio ambientale rispetto alle determinazioni del bilancio economico finanziario", il senso di vertigine aumenta, insieme alla consapevolezza che davvero si vogliono raddoppiare le rilevazioni contabili. Ma le risorse dell'impavido legislatore sono infinite e, consapevole della salva di fischi che riceverebbe in caso di introduzione subitanea di un tale sistema, nella sua benevola saggezza ha previsto una scappatoia e una scorciatoia. La prima è rappresentata dal rinvio di due anni dell'entrata in vigore (il famigerato 'periodo transitorio'), a ennesima riprova che la tendenza riformista prevede di tirare il sasso nascondendo immediatamente dopo la mano. La seconda è la possibilità per i comuni con meno di 50.000 abitanti (diciamo il 90% abbondante del totale degli enti) di "adempiere alle prescrizioni di cui alla presente legge anche in forma associata, purché siano chiaramente evidenti gli impegni programmatici ed i risultati raggiunti da ogni singolo comune." Non abbandonate la lettura proprio ora, però. Perché le ultime righe ci regalano l'aureo principio al quale dovremo uniformarci. Nessun nuovo onere dovrà derivare dalla nuova impalcatura vegetale alla finanza pubblica (intesa, ben si sa, come quella dell'Erario). "Bambole, non c'è una lira": da operetta, insomma.

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