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martedì 18 settembre 2007

Oci ciornie

I brividi corrono lungo la schiena ogni volta che, da utenti, ci rivolgiamo a uno sportello pubblico e sentiamo ripetere le frasi che mal sopportiamo ma che, ammettiamolo, abbiamo pronunciato anche noi (e non c’entrano la malafede o l’indolenza). Quel girare a vuoto da un ufficio all’altro, senza capire dov’è il bandolo della matassa. E quando accade, sentiamo che è venuto il momento per cambiare, nel nostro piccolo, le cose e, cristianamente, non dire agli altri quello che non vorremmo fosse ripetuto a noi. Così, l’idea di un sindaco siberiano, al quale il freddo non ha affatto congelato i neuroni, riporta tutto a zero. Pare che (lo riporta in un succoso pezzo Leonardo Coen su Repubblica oggi) il Sig. Aleksandr Kuzmin, giovane primo cittadino in quel di Megion, avamposto dell’estrazione petrolifera, avendo superato il limite di sopportazione, abbia compilato una lista di termini e locuzioni che, d’ora in poi, nessun funzionario comunale dovrà più pronunciare, pena la minaccia di licenziamento. Si va dal classico e sempreverde “Non lo so”, al più articolato “Non c’ero in quel momento”, passando per capolavori di sintesi burocratica come “Avevo detto al segretario che...” oppure “Quando è successo non ero ancora stato assunto”. Tutto sommato, questi sotterfugi da romanzo ottocentesco sono, per il cittadino russo, un repertorio suonato in tutte le epoche negli uffici pubblici zaristi come in quelli sovietici e dunque perché meravigliarsi che l’era post-comunista non sia ancora riuscita ad eliminarli. Eppure, di una piccola rivoluzione si tratta, perché il lusso di ottenere una risposta chiara, anche se negativa, se lo possono permettere in pochi, e non solo in Russia. Questa strategia di attacco contro la pigrizia da scartoffia avrà successo se alle minacce sindacali seguiranno sanzioni effettive contro i trasgressori. E’ sempre questo il punto dolente, perché se in Siberia un sindaco ha poteri così estesi da decidere del futuro lavorativo dei propri impiegati, la stessa impalcatura non ha alcuna probabilità di essere esportata in lande straniere. E neppure ce l’auguriamo. L’obiettivo di farla finita con le risposte vaghe e inconcludenti è più che condivisibile. Non altrettanto l’impeto punitivo che propone una sanzione così abnorme. Tuttavia, con minor furore, la lezione di Kuzmin e della sua Lista delle Locuzioni parassiti può essere facilmente tradotta anche in italiano, senza creare agitazioni a catena o maldipancia cronici tra le mura dei nostri comuni. Nel senso che, con uno sforzo di auto-controllo generalizzato, ciascuno può decidere, di fronte all’utente di turno, che gli risponderà con il massimo della precisione consentita in quel momento, se non altro escludendo l’odioso ricorso al sotterfugio dei “non è di mia competenza”, purtroppo ancora diffuso. Se l’autocoscienza non bastasse, perché non pensare allora a un progetto finalizzato con in palio non una quota in più di compenso incentivante ma la promessa di non ridurlo, da applicare a cura del responsabile del servizio ogni volta che l’espressione (in qualche modo codificata a priori) faccia capolino dietro le richieste del cittadino. Certo, posso facilmente immaginare come verrebbe accolta in uno qualsiasi dei municipi italiani un’iniziativa che scuote l’albero dell’abitudine e prova a far cadere qualche foglia morta. Vuoi mettere, però, la soddisfazione di non ricevere mai più in cambio, dall’altra parte del vetro, gli sguardi taglienti di chi si sente un poco preso per i fondelli? Questo obiettivo, moltiplicato per ottomila, già produrrebbe effetti che neppure Bassanini potrebbe immaginare. Figuriamoci se fosse proiettato all’esterno e andasse a toccare, come facevamo intendere all’inizio, i veri campioni della frase sibillina, che si trovano all’INAIL, all’INPS, all’ufficio IVA e via dicendo. Troppo partigiano? Può darsi. Ma i centralini che squillano a vuoto non se li è inventati il sottoscritto, così come le file organizzate ma inutili per sentirsi dire che lo sportello era un altro.

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