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giovedì 13 settembre 2007

Tris di primi

1. Domenici ha trovato la quadratura del cerchio. Che da mesi ripetevamo su queste pagine. L'unico modo per salvare la capra della riduzione dell'ICI insieme ai cavoli del tesoretto da destinare è attribuire a ciascun proprietario immobiliare il diritto di detrarre l'imposta comunale dal proprio debito IRPEF. Non si trattava di una soluzione leonardesca (nel senso di Da Vinci), bastava il buon senso di razionalizzare l'uso di strumenti già efficaci su altri fronti (le spese mediche, innanzitutto). Eppure oggi la chiave del rebus è presentata sulla stampa come il classico coniglio dal cilindro, il trucco alla Sim Sala Bim che fa alzare tutti in piedi ad applaudire. I veri illusionisti, però, sono i funzionari al ministero, che ancora tentennano e rinviano sine die la risposta. Avranno forse timore di sbilanciarsi? Suvvia, è un gioco a somma zero per l'Erario. A meno che la litania sulle maggiori entrate fiscali non sia stata effimera come un successo dei Jalisse. Farebbero meglio a sbrigarsi, perché i toni si stanno rapidamente scaldando: "Chiederemo la restituzione del malloppo che ci è stato rapinato." ha sibilato uno dei numerosi vicepresidenti dell'associazione. L'ANCI prova comunque ad alzare la posta e propone di introdurre un principio di progressività anche per l'ICI. Troppo complicato, ragazzi. Al Parlamento, figuriamoci, stanno già pensando alla Flat Tax. 2. Sono improvvisamente aumentati i Comuni che si sono fatti ammaliare dalla fatina dell'imposta di scopo. Erano sette, ricordate, secondo l'ultima indagine ormai datata primavera scorsa. Che siano quasi triplicati (diciotto è il numero risultante a oggi) non è certo il segnale che può prolungare l'agonia di un tributo la cui sorte era già segnata alla nascita: troppe difficoltà nell'applicarla (entrata corrente per finanziare una spesa d'investimento), troppi rischi di doverla rendere (con gli interessi, letteralmente) ai contribuenti (nell'ipotesi ad elevata probabilità di ritardi nell'avvio dei lavori), troppo alto per i Sindaci, infine, il rischio di barricarsi in municipio, assediati da contribuenti inferociti per l'improvviso rigonfiamento del bollettino ICI (perché l'imposta funziona come addizionale a quest'ultima, già impopolare di suo). Il semplice dato statistico, invece, fa venire in mente (maliziosamente) un'altra cosa: ma quanti erano i Comuni che ad aprile non avevano ancora approvato il bilancio di previsione 2007? 3. Addio alle armi per un esercito di amministratori esautorati dalle ultime disposizioni sui CdA delle società partecipate. Con un tempismo da centometrista, il ministro Linda Lanzillotta ha rammentato agli interessati che il 7 novembre è dietro l'angolo e oltre quella data, se il capitale sociale regolarmente versato non supera i due milioni di euro, i consigli con più di tre membri sono fuorilegge. Così come quelli con più di cinque membri, se il capitale è superiore a quella soglia. E' un richiamo per tempo, quello del dicastero, per sollecitare a una revisione degli statuti con la massima celerità. Cosa accadrà ai CdA che (dolosamente o no) non seguiranno gli spassionati consigli ministeriali? La circolare di luglio ha fornito solo alcuni indizi per orientarsi. Si aprono, di fatto, a carico di tutti i birichini profili di responsabilità ampi e seri, anche se più legati al codice civile che a quello penale. La responsabilità degli amministratori, infatti, opera: a) verso la società, per danni causati al patrimonio della stessa; b) verso i creditori qualora il patrimonio sociale sia incapiente; c) verso singoli soci o terzi per fatto illecito compiuto nei loro confronti. Nei primi due casi il regime di responsabilità è quello contrattuale, quindi regolato dal codice civile, nell'ultimo sostanzialmente penale (benché si tratti di una tesi contestata). L'ipotesi della lettera b) qui non rileva. Si rientra, piuttosto, nella situazione a), anche se deve chiarirsi cosa accadrebbe concretamente se i CdA rimanessero invariati. Anche perché il Ministero ha già messo le mani avanti: non ha proprio idea di quante siano le società coinvolte: 1.000, 2.000, 3.000, non si sa. Proviamo a chiedere a Equitalia, ora che è stata sollevata dai doveri dell'art. 48-bis...

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