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mercoledì 12 settembre 2007

Quel che cova sotto la cenere

Non si può neppure dire che sia colpa del caldo: a estate ormai esaurita, le temperature rinfrescano anche le menti più termo-sensibili. Dunque bisognerà trovare una spiegazione più logica all’estemporanea frase pronunciata nientemeno che dal vicepresidente ANCI, Fabio Sturani. A proposito del nuovo round di abboccamenti con il governo, ritorna il leit-motif della riduzione dell’ICI che fa davvero la parte dell’araba fenice in questa interminabile commedia teatrale. Il lungo giochetto senza soluzione (almeno per ora) continua, tra prove tecniche di riappacificazione e rassicurazioni in alto loco (di cui attualmente beneficiano esclusivamente i proprietari di immobili, almeno stando ai proclami di, addirittura, entrambi i vice-presidenti del Consiglio). In questo dialogo fra sordi si inserisce Sturani che, perorando caldamente la causa di una sotto-Finanziaria 2008 a esclusivo interesse degli enti locali, si infervora e, facendosi portavoce dell’intera associazione, chiude: “Non c'è nessuna preclusione di sorta, se dipendesse da noi elimineremmo l'Ici non solo sulla prima casa, ma anche sulla seconda e sulla terza. L'importante è che ci si sieda attorno a un tavolo per discutere con i comuni su come recuperare le somme a cui devono rinunciare. La compartecipazione dinamica all'Irpef può essere una soluzione, ma va quantificata. E in ogni caso vogliamo confrontarci con una proposta ufficiale del governo.” E tutte le invocazioni al legislatore perché si decida ad ampliare la benedetta autonomia impositiva degli enti? Alla malora, of course. In questo modo, alle ortiche ci andrebbe pure il progetto (già in fase di discussione piuttosto avanzata) per il federalismo fiscale che dovrà generare un nuovo rapporto tra centro e autonomie (il fulcro, com’è noto, essendo rappresentato dalle Regioni). L’addio così preconizzato a un’imposta la cui articolazione ha rappresentato sino ad oggi l’unico esperimento riuscito nel laboratorio della fiscalità comunale è un vero e proprio calar le braghe di fronte al miraggio degli euro versati nelle casse locali sic et simpliciter. Capisco bene le preoccupazioni dei sindaci, che vedono certo più di buon occhio un importo da incassare senza perdere il sonno al momento di accertarne la congruità, rispetto alla complessità che l’ICI porta con sè, soprattutto nella fase del controllo di versamenti e dichiarazioni. Ma allora perché sprecare fiato sulla destinazione del tesoretto (posto che sia mai veramente esistito). Con questi sistemi è sufficiente, dopo aver determinato il peso della torta, fare una bella proporzione fra tutti gli enti creditori, distribuire a pioggia il risultato e finirla lì. Purché poi non si faccia nuovamente marcia indietro. Perché il ritorno a un passato di soli trasferimenti non può essere evocato a giorni alterni, secondo le paturnie del momento. Servirebbe, con ogni probabilità, un chiaro pronunciamento non tanto dell’ANCI che, per quanto rappresentativa, è un interlocutore politico che necessariamente media tra posizioni tremendamente differenti, quanto dei comuni raggruppati per fascia demografica (e senza considerare che le province si sono già offese per essere state escluse da questo tavolo settembrino). Assemblee coattive da tenersi periodicamente con in agenda gli argomenti caldi per sintetizzare istanze concrete, senza affidarsi ai bipolarismi di Sturani che poco prima aveva tranquillamente dichiarato: “È un fatto importante, (la ripresa del dialogo Governo-Comuni NdR) in ballo ci sono tanti temi fondamentali per la vita del paese, dal federalismo fiscale al codice delle autonomie, dalla Finanziaria 2008 agli avanzi di amministrazione. Non si può pensare di affrontarli senza ascoltare la voce dei comuni.” Pare un referendum per abrogare il buon senso. In questo calderone dove si mischiano indistintamente slanci autonomisti e rigurgiti di assistenzialismo, è quasi impossibile distinguere le proposte serie dalle parole in libertà. Diradate il fumo, una buona volta. Perché quando arriva il momento di decidere, i Comuni prendono ciò che viene, indipendentemente dal ruolo giocato da ANCI.

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