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lunedì 23 aprile 2007

A tutto campo

Una selezione delle più recenti pronunce della magistratura contabile conferma la tendenza (che andrà via via accentuandosi) a coprire l'intero specchio dell'attività amministrativa degli enti, proponendosi con autorevolezza e rigore come unica istituzione in grado di effettuare controlli sistematici sulla gestione economico-finanziaria (e non solo). A chi spetta versare la tassa per l'iscrizione a un ordine professionale di un dipendente comunale a tempo indeterminato. Con la nota protocollo n. 10223 del 23 ottobre 2006 il Segretario comunale del comune di XXX ha chiesto un parere in relazione ad una fattispecie attinente all’assunzione a carico del Comune della tassa annuale di iscrizione di un dipendente a tempo indeterminato all’albo professionale. (...) 5. Si deve rilevare che i contratti collettivi del comparto regioni e autonomie locali si limitano a prevedere l’indennità di posizione e di risultato per il personale che svolge attività con contenuti di alta professionalità e specializzazione correlata all’iscrizione ad albi professionali, mentre nulla precisano in relazione all’argomento in discussione. 6. Nel merito, occorre considerare preliminarmente se l’iscrizione a un albo professionale costituisca requisito per lo svolgimento dell’attività per il dipendente. Così non è più nella materia dei lavori pubblici, in quanto la disciplina di cui all’articolo 17 della legge 109 del 1994 è stata modificata dalla legge n. 415 del 1998 nel senso che non è richiesta l’iscrizione all’albo professionale per i dipendenti pubblici che firmino i progetti, ma è sufficiente il possesso dell’abilitazione professionale; in questo caso l’iscrizione costituisce una scelta del dipendente e pertanto il relativo pagamento è sicuramente a suo carico. 7. Una diversa ipotesi si ha qualora il dipendente possa essere autorizzato a svolgere il lavoro part-time. L’eventualità di usufruire dell’iscrizione all’albo per svolgere attività libero professionale, e quindi a favore di soggetti diversi dall’ente pubblico datore di lavoro, consente di affermare che il relativo costo non possa gravare su quest’ultimo. 8. Più complessa è la fattispecie di un dipendente obbligatoriamente iscritto a un albo esclusivo del pubblico impiego, quale ad esempio l’elenco speciale annesso all’albo degli avvocati. A tale ipotesi ha fornito una soluzione la Corte d’appello di Torino, nella sentenza n. 338/03, peraltro relativa a un dipendente di un ente statale, nella quale si afferma, in mancanza di una norma che disciplini la materia, e facendo ricorso ai principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato, che le spese sostenute dal dipendente nell’esclusivo interesse del proprio datore di lavoro devono essere sopportate dal datore. 9. La ricostruzione sopra riportata non appare condivisibile, in quanto per alcune figure professionali l’iscrizione a un albo è un requisito imprescindibile, in mancanza del quale non è consentito l’esercizio dell’attività. Tale iscrizione costituisce uno dei presupposti richiesti per l’assunzione e deve perdurare per tutta la durata del lavoro alle dipendenze del comune. Si ritiene, pertanto, che debba essere cura del soggetto, assunto per ricoprire all'interno dell’ente un ruolo che richiede la suddetta iscrizione, farsi carico degli adempimenti necessari per assicurare nel tempo la sussistenza del requisito che ha costituito condicio sine qua non della sua assunzione, tra i quali rientra sicuramente il pagamento della tassa annuale. 10. In tal senso è l’articolo 47 della legge regionale sarda n. 31 del 13 novembre 1998, relativo all’esercizio delle attività professionali, che dispone al 3° comma che “per l’accesso ai posti in pianta organica il cui compito principale o esclusivo è l’esercizio di attività professionali sono necessari l’iscrizione all’albo e l’esercizio effettivo dell’attività professionale per almeno tre anni”; e che al comma successivo prevede che “la cancellazione dall’albo comporta la risoluzione del rapporto d’impiego”. Tali norme consentono agevolmente di ritenere che debba essere a cura del dipendente regionale anche il pagamento della tassa annuale di iscrizione, in quanto elemento necessario per il perdurare dell’iscrizione stessa. 11. Ad ulteriore sostegno di quanto sopra affermato vi è la considerazione che tra i principi generali a cui fare riferimento vi sono certamente quelli contenuti nel decreto legislativo n. 165 del 2001, che all’art. 1 dispone che “si deve contenere la spesa complessiva per il personale, diretta e indiretta , entro i vincoli di finanza pubblica”, e all’art. 2 che “l’attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi e, alle condizioni previste, mediante contratti individuali”. La necessità di una previsione espressa si ritrova anche nell’art. 12 della legge 241 del 1990, secondo il quale “la concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati sono subordinate alla predeterminazione ad alla pubblicazione da parte delle amministrazioni procedenti, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi. 12. Si può pertanto ritenere esistente nell’ordinamento un principio generale che vieta di porre a carico degli enti pubblici oneri non previsti e che possono contribuire ad aggravare la situazione finanziaria degli stessi enti. Tra tali oneri deve essere compresa la tassa di iscrizione a un albo professionale. (Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la regione Sardegna, parere n.1/2007) Enti fuori dal patto di stabilità interno per il 2006: si alle convenzioni, no alle co.co.co. "FATTO. Con la nota in epigrafe il Sindaco del Comune di XXX chiede di conoscere se, ad avviso della Sezione, l’ente che, nell’esercizio 2006 non ha rispettato né il patto di stabilità interno né le riduzioni di spesa previste in materia di personale dall’art. 1 comma 198 della L. n. 266 del 23/12/2005, possa avvalersi dell’istituto della convenzione con altri comuni ai sensi dell’art. 30 del Dlgs. 267/2000 e se l’ente possa, inoltre, avvalersi di incarichi di collaborazione coordinata e continuativa trattandosi di prestazioni che, secondo la Circolare della Funzione Pubblica n. 5/2006, non parrebbero computabili tra le spese del personale. Considerato in DIRITTO. (...) La Sezione evidenzia che le convenzioni disciplinate dall’art. 30 TUEL costituiscono forme associative tra gli enti locali, espressione di “un’amministrazione per consenso”, avente la finalità di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi. Naturalmente, secondo il dettato del citato art. 30 TUEL, le convenzioni tra enti locali devono stabilire i fini, la durata, le forme di consultazione degli enti contraenti, i loro rapporti finanziari ed i reciproci obblighi e garanzie. Inoltre, le convenzioni possono prevedere anche la costituzione di uffici comuni che operano con personale distaccato dagli enti partecipanti ai quali affidare l’esercizio delle funzioni pubbliche in luogo di enti partecipanti all’accordo, o la delega di funzioni da parte degli enti partecipanti all’accordo a favore di uno di essi che opera per conto dei deleganti. La Sezione non ravvisa ostacoli alla eventuale stipula di convenzioni tra l’ente richiedente il parere ed altri enti locali purché tali accordi avvengano nel rispetto della su riportata normativa e siano diretti a garantire una razionalizzazione dei servizi degli enti partecipanti volta al conseguimento di una maggiore efficienza. Inoltre, per gli enti locali non rispettosi del patto di stabilità interno non sussistono divieti legislativi alla realizzazione di forme associative con altri enti. Il secondo quesito formulato dal Sindaco è relativo alla possibilità per gli enti non rispettosi del patto di stabilità interno nell’esercizio 2006 di procedere nel corso del 2007 al conferimento di incarichi di collaborazione coordinata e continuativa. Il Sindaco richiedente sostiene che dalla Circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica n 5 del 21/12/2006 emergerebbe che le spese per collaborazioni coordinate e continuative non sono computabili tra le spese del personale. Invero la Circolare n. 5/2006 evidenzia che il contratto di collaborazione coordinata e continuativa è uno strumento straordinario e precisa che “sono da considerarsi incarichi di collaborazione tutte quelle prestazioni che richiedono competenze altamente qualificate da svolgere in maniera autonoma , sia quelle di natura occasionale che coordinata e continuativa” e che per la legittimità dell’affidamento di tali incarichi occorre far riferimento al disposto dell’art. 7 del D.Lgs. n. 165 del 30/03/2001 come modificato dal D. L. n. 223 del 04/07/2006 (Decreto Bersani) convertito nella L. n. 248 del 04/08/2006. Proprio la lettura del nuovo testo del citato art. 7, manifesta, ad avviso della Sezione, l’orientamento legislativo chiaramente orientato al contenimento della spesa per incarichi esterni e collaborazioni atteso che il comma 6° stabilisce che:per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di provata competenza in presenza dei seguenti presupposti: l’oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall’ordinamento all’amministrazione e ad obiettivi e progetti specifici e determinati; l’ amministrazione deve aver preliminarmente accertato l’impossibilità oggettiva di utilizzare risorse disponibili al suo interno; la prestazione deve essere di natura temporanea ed altamente qualificata e devono essere predeterminati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione. Trattasi di principi già rinvenibili nella deliberazione dalla Corte dei Conti Sezioni Riunite in sede di Controllo del 15/02/2005 che, per la valutazione della legittimità di incarichi e consulenze esterne, indicava precisi criteri: rispondenza dell’incarico agli obiettivi dell’amministrazione, inesistenza all’interno di una figura professionale idonea allo svolgimento dell’incarico, indicazione della durata e proporzione tra compenso corrisposto e utilità conseguita dall’amministrazione. La Sezione rileva quindi che la circolare n. 5/2006, menzionata nella richiesta di parere, non contiene indicazioni circa la allocazione contabile delle spese per collaborazioni coordinate e continuative, ma è piuttosto diretta ad indurre le amministrazioni pubbliche a ponderare attentamente il conferimento di incarichi di collaborazione. Occorre anche sottolineare, ad avviso della Sezione, che la citata circolare è stata emanata per le amministrazioni pubbliche statali, salvo il richiamo per l’adeguamento dei regolamenti degli enti locali ai principi espressi al nuovo art. 7 del D. Lgs. 165/2001. La circolare n. 5 del 21/12/2006 è inoltre antecedente all’entrata in vigore della legge L. n. 296 del 27/12/2007, finanziaria per il 2007, che contiene un’apposita disciplina per gli enti locali che non hanno osservato il patto di stabilità interno nel 2006. Come noto, la nuova legge finanziaria ha soppresso per gli enti che non hanno raggiunto gli obiettivi del patto di stabilità interno per il 2006 le sanzioni del divieto di indebitamento e del contenimento della spesa per l’acquisto di beni e servizi ed ha invece mantenuto il divieto di nuove assunzioni manifestando un chiaro orientamento teso al contenimento della spesa del personale che coinvolge comunque anche gli enti rispettosi del patto. Il comma 561 L. n. 296/2007 espressamente prevede che gli enti che non abbiano rispettato per l’anno 2006 le regole del patto di stabilità interno non possono procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi tipo di contratto. La dizione del testo normativo, nel riferirsi “ad assunzioni a qualsiasi titolo” e con qualsiasi tipo di contratto, appare, ad avviso della Sezione, di ampia e generale portata e pertanto in grado di ricomprendere non solo i rapporti di lavoro strettamente subordinato ma anche quelli che si definiscono “parasubordinati” e per i quali la circolare n. 5/2006 ravvisa il carattere autonomo della prestazione. Trattasi comunque di contratti di lavoro atteso che la stessa L. n. 296/2007 dispone al comma 1180 che anche le pubbliche amministrazioni che instaurano rapporti di lavoro subordinato o autonomo in forma coordinata e continuativa sono tenute a darne comunicazione al Centro per l’Impiego territorialmente competente. La Sezione evidenzia, inoltre, che l’orientamento del legislatore è negli ultimi anni apparso decisamente contrario alla stipula di contratti di collaborazione coordinata e continuativa per gli enti non rispettosi del patto di stabilità interno. Basta rammentare che il comma 33 lett. b) della L. n. 311 del 30/12/2004 (finanziaria per il 2005) prevedeva per gli enti non rispettosi del patto di stabilità il divieto di procedere ad assunzioni “a qualsiasi titolo”, mentre il comma 116 sanciva espressamente per tali enti il divieto di avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa. Si evidenzia, ancora, che il comma 204 della L. n. 266 del 23/12/2005, come modificato dal D. L. n. 223/2006, prevede a titolo di sanzione, per gli enti non rispettosi della riduzione dell’1% della spesa del personale rispetto all’anno 2004, il divieto di effettuare assunzioni a “qualsiasi titolo”. Il citato comma 204 è tuttavia da disapplicare ai sensi del comma 557 della L. n. 296/2006. Il testo del comma 561 della nuova Legge finanziaria per il 2007 sembra avere una portata ancora più estesa dei divieti espressi dalle finanziarie precedenti atteso che al divieto di assunzioni a qualsiasi titolo aggiunge il divieto di assunzioni con qualsiasi tipo di contratto. La Sezione ritiene pertanto che da un’interpretazione letterale e sistematica del comma 561 della L. n. 296/2006 derivi il divieto per l’ente locale non rispettoso del patto di stabilità interno nell’anno 2006 di avvalersi nell’esercizio 2007 di incarichi di collaborazione e coordinata e continuativa. (Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la regione Puglia, parere n.1/2007)
La giurisdizione della Corte si estende anche ai profili di responsabilità facenti capo a enti pubblici economici
. "(...) 11.3. La sentenza Corte dei conti – Sez. giur. Regione Umbria n. 354/2006 (Pres. L. Principato – Est. F. Longavita) (sentenza SEDIT-Srl - Società di Elaborazione Dati Informatici). Da ultimo, una sentenza particolarmente significativa è stata resa anche dalla Sezione giurisdizionale per la Regione Umbria della Corte dei conti (...), la quale, nel respingere una eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla difesa dei convenuti in relazione al fatto che mancasse, nella vicenda all’esame del Collegio, la giurisdizione della Corte dei conti, in quanto “la contestazione formulata dalla Procura Regionale, in ordine alla partecipazione di un Consorzio di enti locali alla SEDIT-Srl (Società di Elaborazione Dati Informatici) ed alla gestione dei rapporti con essa, (attiene) essenzialmente (..) a scelte imprenditoriali compiute da un ente pubblico economico”, la cui valutazione – a parere dei difensori – dovesse spettare al giudice ordinario, ha respinto l’eccezione in quanto ritenuta infondata, ed ha affermato che <<(..) la Corte regolatrice, invero, con la recente ordinanza n°19667/2003, ha riconosciuto la giurisdizione della Corte dei conti su tutte le iniziative risarcitorie della Procura erariale a favore degli enti pubblici economici, senza più distinguere le ipotesi di danno correlate ad atti espressivi di potestà pubbliche, per i quali tale giurisdizione era già da sempre pacificamente ammessa, da quelle correlate ad attività di impresa, per i quali era, invece, altrettanto pacificamente esclusa>>. <<(..) La Suprema Corte – hanno osservato i giudici della Sezione umbra della Corte - è giunta al riconoscimento pieno della giurisdizione della Corte dei conti su tutte le controversie relative alle pretese risarcitorie a favore degli enti pubblici economici, muovendo dalla constatazione –correlata alle varie, note riforme che hanno interessato la P.A.– che “l’Amministrazione (ormai) svolge attività amministrativa non solo quando esercita pubbliche funzioni e poteri autoritativi, ma anche quando persegue le proprie finalità istituzionali mediante un’attività disciplinata in tutto o in parte dal diritto privato>> (...) (Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la regione Umbria, sentenza n.354/2006)
La sostituzione del Collegio di revisione con il Revisore unico negli Enti Locali
sotto i 15.000 abitanti. "CONSIDERATO che: il comma 732 dell’art. 1 della legge n. 296/2006 (legge finanziaria per il 2007) ha disposto la estensione anche ai comuni con popolazione sino a 14.999 abitanti della previsione, precedentemente rivolta solo ai comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, di cui all’art. 234, comma 3, del d.lgs. n. 267/2000 (affidamento ad un solo soggetto, anziché ad un collegio di tre membri, della funzione di revisione economico-finanziaria; con la richiesta di parere di cui trattasi il Sindaco del comune di XXX ha chiesto se la predetta prevista riduzione del numero dei componenti dell’organo di revisione economico-finanziaria debba avere immediata applicazione anche agli organi di revisione collegiali nominati prima del 1° gennaio 2007 (data di entrata in vigore della legge n. 296/2006) oppure solo alla naturale scadenza dell’incarico triennale già in atto; si rappresenta, relativamente allo specifico quesito prospettato, quanto comunicato, con la citata nota n. 6535/C21 del 14 marzo 2007, dal Presidente del Coordinamento delle Sezioni regionali di controllo della Sezione delle Autonomie della Corte dei conti: <(…) questo Coordinamento propende per l’opinione secondo cui i collegi dei revisori degli Enti locali (…) non decadano dalle funzioni con decorrenza dall’entrata in vigore della legge finanziaria, ma restino in carica fino alla naturale scadenza del mandato triennale. Tale interpretazione è stata, peraltro, confermata anche dalla recentissima circolare del Ministero dell’Interno dell’8 marzo 2007, n. 5, interpretativa delle disposizioni della legge finanziaria 2007 relative agli enti locali, nella quale, al punto n. 7.1, viene espressamente affermato che “per i comuni interessati alla modifica, la disposizione trova applicazione alla naturale scadenza dell’incarico attualmente affidato all’organo collegiale: in tale occasione il consiglio comunale provvederà al rinnovo dell’organo nominando un solo revisore." (Corte dei conti, sezione regionale di controllo Regione Basilicata, parere n.7/2007) (Abbiamo così ulteriore conferma di un'interpretazione che questo sito ha sostenuto sin dall'inizio. I possibili risvolti legali di un'immediata e immotivata revoca dei revisori avrebbe dovuto in ogni caso consigliare prudenza ad amministratori avventati. N.d.R.)

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