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giovedì 19 aprile 2007

Il salario della paura

Le reiterate proroghe della scadenza per approvare il bilancio di previsione (al momento, il prossimo 30 aprile) alimentano dubbi e incertezze operative tutt'altro che lievi ai comuni sia in veste di enti impositori sia nella delicata funzione di sostituti d'imposta. A causa, infatti, delle ampie modifiche alla disciplina dell'addizionale comunale all'IRPEF, da quest'anno è necessario fare attenzione a più di un parametro nel calcolo e nella gestione dell'imposta. E' arrivato il momento di fare il punto della situazione, tanto più che nel corso del mese di marzo è necessariamente partita l'operazione di acconto 2007 delle addizionali e dunque non si può tergiversare ulteriormente per decidere cosa è opportuno e legittimo fare. Partiamo dunque dalla norma. L'art. 1, comma 4, D.Lgs. n. 360/1998 è stato ridisegnato dalla Finanziaria 2007 e, sinteticamente, stabilisce che: il versamento dell’addizionale comunale deve essere effettuato non più solo a saldo (in un numero massimo di 11 rate di eguale importo sino a novembre) ma anche in acconto su quanto dovuto per l'anno fiscale in corso. Nel 2007, dunque, la misura dell’acconto è stabilita nel 30 per cento dell’addizionale ottenuta applicando al reddito imponibile 2006 una delle seguenti aliquote: quella deliberata per il 2007, se la deliberazione è stata pubblicata entro il 15 febbraio; quella deliberata per l'anno precedente, se il termine del 15 febbraio non è stato rispettato. Nasce già qui un primo problema per i comuni che introducono solo quest'anno l'addizionale, poiché non esiste un'aliquota minima (come ad esempio accade per l'ICI) e quindi, se il bilancio è stato approvato dopo il 15 febbraio (nel pieno rispetto della norma di legge), essi non riceveranno alcuna somma in acconto, (il sostituto d'imposta non preleverà alcuna somma dalle competenze del dipendente). Quel termine era stato fissato prima della proroga dei bilanci, per consentire a sostituti ed erario di giungere al primo versamento di marzo con una situazione chiara. Ora l'ingiusta penalizzazione nei confronti dei comuni neo-addizionati (mi si passi il brutto neologismo, ma è per il bene della sintassi) avrebbe tanto bisogno di un chiarimento e, possibilmente, di una riparazione. Un secondo aspetto critico riguarda le modalità di applicazione dell'acconto qualora il comune abbia deciso di fissare una soglia di esenzione dall'addizionale. L'Agenzia delle entrate ha fornito a tale proposito nel breve volgere di qualche settimana due versioni differenti, utilizzando due strumenti dal valore altrettanto diverso. Con una circolare (la n. 15/2007) ha precisato che l'acconto "non è dovuto dai soggetti che rientrano nella soglia di esenzione deliberata dal comune ai sensi dell’articolo 1, comma 3-bis, del d.lgs. n. 390 del 1998." e che "L’acconto dell’addizionale comunale dovuta per il 2007 è determinato dai sostituti d’imposta utilizzando l’aliquota fissata dal comune in cui il dipendente ha il domicilio fiscale al 1° gennaio 2007. Il sostituto, anche in sede di acconto, tiene conto delle esenzioni deliberate dai comuni solo se il percipiente dichiara di essere nelle condizioni previste per fruirne." Con il comunicato dello scorso 16 aprile la stessa Agenzia alza il tiro e sostiene quanto segue: "I contribuenti che rientrano nella soglia di esenzione deliberata dal comune non devono pagare l'acconto dell'addizionale Irpef. L'Agenzia delle Entrate, in merito ai problemi registrati in alcuni Comuni, precisa che per i redditi di lavoro dipendente e i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, i sostituti d'imposta determinano l'acconto dell'addizionale comunale dovuta per il 2007, utilizzando l'aliquota fissata dal Comune in cui il dipendente ha il domicilio fiscale al primo gennaio 2007, tenendo conto delle esenzioni deliberate dai Comuni. Qualora siano state trattenute rate di acconto nei confronti di contribuenti che hanno diritto all'esenzione, il sostituto d'imposta provvede alla restituzione nelle mensilità successive o in sede di conguaglio.", facendo ricadere in sostanza sul sostituto l'onere di verificare l'esistenza delle condizioni per l'applicazione dell'esenzione. Quest'ultima ipotesi, però, aggiunge confusione alla già torbida quaestio. Se la dichiarazione del dipendente aveva il pregio di levare da qualsiasi responsabilità il sostituto, la verifica a cura di quest'ultimo rischia di non centrare l'obiettivo perché senza la collaborazione del dipendente il datore di lavoro dovrà limitarsi a fare un confronto tra reddito di lavoro dipendente e soglia di esenzione, sfuggendogli la parte di reddito che non viene da lui erogata. Un comunicato stampa può estendere l'interpretazione offerta con una circolare? Tema interessante e, purtroppo, dai risvolti molto pratici. C'è da sperare che la prossima versione (quella definitiva, naturalmente) non esca nel corso di un'intervista al Direttore dell'Agenzia.

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