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sabato 17 marzo 2007

Il libro della giungla

Da quando non esistono più i comitati di controllo regionali, nessuno chiede più ai comuni di sottoporre i loro atti fondamentali all'esame di organi istituzionali. A meno che ci si ritrovi nel mezzo di un esposto alla Corte dei conti, con le conseguenze del caso. Si tratterebbe comunque di una verifica di legittimità a posteriori e perderebbe quindi il suo potere di dissuasione preventiva che i Co.Re.Co. (negli ultimi anni, O.Re.Co.) avevano saputo, nel bene e nel male, costruire. La magistratura contabile ha approfittato di una norma della Finanziaria 2006 per restituire una dose minima di attendibilità ufficiale agli atti della programmazione locale, obbligando i revisori degli enti a trasmettere le relazioni su preventivi e consuntivi costruite secondo le ormai note Linee guida. Dall'analisi dei dati rilevati dalla Corte sui bilanci di previsione 2006, benché riferiti a un campione di enti di poco superiore al 10% (829 su 8.103), emerge una tendenza che fa riflettere. 659 delle 829 osservazioni espresse dalla Corte (più dell'80%) sono relative al rispetto del Patto di stabilità. I rimasugli riguardano, infatti, il personale, le esternalizzazioni, la gestione delle entrate e l'equilibrio del bilancio (fanalino di coda con 17 osservazioni). Questa insistenza su un aspetto della gestione che dovremmo definire legalitario più che di legittimità non depone benissimo a favore della prosecuzione dei controlli a cura dei magistrati contabili. Innanzitutto, si pone un discrimine tra la maggioranza degli enti (esclusi dal Patto) e tutti gli altri. I revisori dei primi compilano una versione semplificata della relazione, paragonabile a una sintesi del parere espresso prima dell'approvazione del preventivo. I dati che si possono rilevare da questi bignami sono funzionali all'attività di controllo solo se rappresentano irregolarità macroscopiche. In questi casi, cioè, tali patologie dovrebbero già essere state sottoposte all'attenzione dei rispettivi consigli per porvi rimedio, le osservazioni della Corte servendo solo a corroborare eventualmente la posizione dei revisori. I collegi degli enti sottoposti al Patto compilano un documento molto più dettagliato, ma solo per evidenziare il rispetto o meno dei criteri per il rispetto dei parametri sui saldi di cassa e competenza. Che cosa ha tutto ciò a che vedere con l'esame della buona gestione finanziaria degli enti? Il patto di stabilità nasce con finalità assolutamente diverse da quelle di controllare la qualità della programmazione locale. Se in un ipotetico bilancio consolidato nazionale devono entrare anche i comuni, sono proprio questi ultimi a garantirne l'equilibrio, di certo non le Regioni e (ça va sans dire) lo Stato. Così, la sostanza delle osservazioni non incide (se non in ridottissima misura) sulla legittimità delle scelte di politica fiscale locale, di acquisizione delle risorse umane, di gestione dei servizi pubblici. Una volta imputavamo ai funzionari regionali un eccesso di formalismo nell'esaminare i bilanci. Rimpiangere ora le discussioni sulle ordinanze (talvolta chilometriche) dei comitati lascia più che perplessi. E se il legislatore reintroducesse i Co.Re.Co. (Corti Regionali di Controllo)?

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