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lunedì 4 febbraio 2008

Non iniziate la rivoluzione senza di me

Ci voleva proprio questa risoluzione. Per accelerare i flussi di adrenalina. Per entrare finalmente nel merito della questione. Per continuare a polemizzare con il nostro Ministero favorito. La detrazione statale ICI non è ancora stata concretamente applicata e già stanno nascendo dubbi e problemi a iosa sulla sua portata. Non potrebbe essere altrimenti, data l’assenza di qualsiasi disposizione attuativa ad accompagnare la norma principale. E, poiché dubitiamo che il decreto ministeriale da emettere entro il 28 febbraio vada oltre i prestabiliti confini della forma e del contenuto dell’autocertificazione sul minor gettito d’imposta, sapevamo che presto o tardi l’Agenzia delle Entrate avrebbe sciolto qualsiasi riserva e si sarebbe pronunciata. Attenzione, però. Questa circolare va maneggiata con cura, poiché affronta solo alcuni aspetti della questione, in particolare legati alle fattispecie soggettive che possono usufruire dei benedetti 200 euro. Per tutto il resto, aspettatevi (aspettiamoci) una non breve sequela di interventi nei prossimi mesi, a mano a mano che l’applicazione dell’agevolazione si svelerà in tutta la sua munifica complicatezza. E in una risoluzione lunga sei pagine ci sta di tutto: la banalità e l’invenzione, la forzatura e il dubbio amletico. La banalità: qualcuno ha chiesto al Ministero se la detrazione statale si aggiunge solo alla detrazione standard di € 103,29 oppure anche all’eventuale maggiorazione decisa autonomamente dal comune. Si tratta di un dubbio finto, poiché in ogni caso la detrazione decisa dal comune è unica e quella statale vi si addiziona fino a concorrenza dell’imposta, indipendentemente dalla sua entità. Se, ad esempio, l’ente ha aumentato la detrazione a € 200, è questo l’importo che i contribuenti potranno scalare dall’imposta. A quel punto, se il debito ICI è ancora maggiore di zero e l’immobile per cui si paga l’imposta non appartiene alle tre categorie escluse dal beneficio statale, si applicherà anche la nuova detrazione, fino, eventualmente, all’azzeramento dell’imposta. Tutto ciò, dunque, è assolutamente indipendente dall’ammontare della detrazione comunale. L’invenzione: se prendessimo l’attuale disciplina dei versamenti e la sovrapponessimo a quella introdotta con la Finanziaria 2008, ne ricaveremmo un inestricabile mistero. Infatti, se si deve pagare l’acconto “sulla base dell'aliquota e delle detrazioni dei dodici mesi dell'anno precedente” si potrebbe ritenere che a giugno la detrazione statale non si applica. Il Ministero, generosamente, riconosce che, invece, si può. Ma si inventa una motivazione che non c’entra con il senso della norma. Prima, infatti, ragiona in termini di "irragionevolezza", perché il legislatore vuole agevolare i contribuenti da subito, concludendo con l'affermazione che quella norma si applica in ogni caso, in sede di acconto. Ma non aveva sostenuto, poco prima, che “la nuova ulteriore detrazione è assoggettata ad un regime del tutto autonomo” e dunque che bisogno c'era di invocare l'art. 10, c. 2, del D.Lgs. n. 504/1992? La forzatura: l’Agenzia sostiene che la detrazione statale non si può applicare alle abitazioni che il comune ha, esercitando la propria potestà regolamentare, assimilato a quelle principali (anziani e disabili con residenza in istituti di ricovero che risultano proprietari o usufruttuari di immobili non locati; immobili concessi in uso gratuito a parenti in linea retta o collaterale). La motivazione sarebbe che la nuova detrazione è un sollievo introdotto dal legislatore ad esclusivo beneficio di coloro che possiedono l’abitazione in cui abitano, “mentre l'assimilazione rappresenta un processo posto in essere dal comune nell'ambito della propria politica tariffaria, che risulta del tutto ininfluente ai fini dell'applicazione della norma in esame.” Questa scelta, che non condivido affatto, evidenzia una furbissima contraddizione. Se i comuni “nell'esercizio della loro potestà regolamentare” alzano la detrazione minima, nessun problema (e ci credo: si riduce il contributo dello Stato); se, invece, “nell’ambito della propria politica tariffaria”, ampliano il novero delle abitazioni principali, il problema si crea (perché inevitabilmente sono comprese più abitazioni di quelle che l’Agenzia sperava). Ricordiamoci che siamo di fronte ad un’interpretazione, dunque a un’opinione (per quanto autorevole). E dunque: la lettera della legge non consente, a mio avviso, di escludere a priori anche i beneficiari delle disposizioni regolamentari che ho ricordato. Pertanto, se davvero il legislatore intende non comprenderle tra quelle beneficiate, dovremo trovare nello schema di certificazione da inviare entro il 30 aprile uno spazio per indicarle separatamente. Altrimenti, mi sentirò autorizzato a non considerarle diversamente e chiederò anche per esse il rimborso di quanto dovuto. Il dubbio amletico: se alcune categorie di abitazioni non possono beneficiare della detrazione (benché il comune le abbia legittimamente assimilate ad abitazioni principali), perché ci si affretta a precisare che gli “alloggi regolarmente assegnati dagli istituti autonomi per le case popolari e dagli enti di edilizia residenziale pubblica aventi le stesse finalità” sono tra i fortunati? Un’assimilazione ex lege statale è più assimilazione di una introdotta ex lege comunale? E non dite che sono letture noiose.

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