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lunedì 28 gennaio 2008

Nata libera

Gli spiriti animali potranno liberare tutta la loro intensità, d’ora in poi, anche nel settore della riscossione delle entrate degli enti locali. Riscritto dalla Finanziaria 2008 (Art. 1, cc. 224-225), l’art. 52, D.Lgs. n. 446/1997, sembrerebbe bloccare qualsiasi affidamento in house providing delle attività di accertamento tributario ed extratributario, introducendo un ampio criterio di libera concorrenza tra i soggetti interessati. La norma utilizza una formulazione particolare, che è bene approfondire prima di fare scelte avventate. Dice, infatti, il nuovo testo dell’Art. 52, comma 5, lett. b), che le attività in questione sono affidate a una di quattro tipologie di operatori (vedremo tra poco quali), “nel rispetto della normativa dell’Unione europea e delle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali”, messi tutti sullo stesso piano, dunque. E poi elenca in successione i destinatari della disciplina. Innanzitutto, le società iscritte all’albo dei concessionari costituito ai sensi dell’Art. 53, c. 1 dello stesso decreto. Per esse non può valere la procedura dell’affidamento diretto, trattandosi comunque di “soggetti privati”, come specificato nel testo dell’articolo. Dunque sarà sempre necessario esperire una gara d’appalto con le procedure a evidenza pubblica. La riscossione può essere affidata anche a società non italiane, benché limitatamente all’ambito dell’Unione europea e relativamente a società che presentino equivalenti requisiti rispetto a quelli richiesti ai soggetti di diritto italiano. Per queste società si ripropone l’identico sistema di affidamento (gara ad evidenza pubblica). Il terzo soggetto è rappresentato dalle società a capitale interamente pubblico sulle quali, ai sensi del TUEL (art. 113, c. 5, lett. c)), “l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino (...) un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano.” Questo inciso era, fino ad oggi, utilizzato per procedere senza alcuna gara all’assegnazione della concessione di servizio, proprio in ragione del ‘controllo analogo’ che avrebbe, in sintesi, questo significato: l’ente controlla la società in modo così diretto che essa non è altro che una diramazione dell’ente stesso, come si trattasse di un ufficio comunale qualsiasi. Attraverso questa interpretazione, avallata anche da autorevole giurisprudenza europea, si può saltare qualsiasi ostacolo che la normativa in materia di appalti possa frapporre tra l’ente e la libertà di gestire attraverso terzi le proprie entrate (le più significative, almeno). Ciò che ambiguamente la Finanziaria 2008 ripropone, con una formulazione simile ma passibile di differente qualificazione: resta, cioè, il concetto di ‘controllo analogo’ per verificare il legame strettissimo tra concedente e concessionario della riscossione (concetto addirittura esteso, poiché è richiesto che la società svolga la propria attività esclusivamente “nell’ambito territoriale di pertinenza dell’ente che la controlla”), ma non si menziona mai l’affidamento diretto. Si vuole lasciare intendere con ciò che le società a capitale interamente pubblico debbano comunque, anche in presenza di controllo analogo, soggiacere alle regole generali degli appalti di servizi pubblici? In realtà, l’affidamento più o meno diretto non dovrebbe scomparire, poiché la norma stabilisce che a questi soggetti possa essere affidato il servizio, mediante apposita ‘convenzione’. Su quest’ultimo atto amministrativo si dovrebbe aprire un separato tavolo di discussione, per comprenderne bene limiti e opportunità. Il quarto soggetto è un ibrido dei primi tre, essendo rappresentato dalle società miste pubblico-privato, nelle quali peraltro il socio privato deve essere stato scelto con procedure ad evidenza pubblica ed esclusivamente per effettuare l’attività di accertamento e riscossione. Se il nuovo testo ha una ragione d’essere, essa affonda nel parere della Commissione europea rilasciato lo scorso giugno, nel quale si paventava una procedura di infrazione per l’Italia se non si fosse messo mano alla legislazione in materia di accertamento e la riscossione dei tributi locali. Ciò che si contesta in quel parere, è il fatto che la legge consenta l’affidamento del servizio a soggetti iscritti in un albo speciale, iscrizione che conterrebbe, secondo la Commissione, elementi di discriminazione nei confronti di altri soggetti. Il D.M. n. 289/2000 che ha individuato le condizioni per l’iscrizione all’albo dei concessionari contiene limiti soggettivi ma anche finanziari all’iscrizione, dunque i rilievi europei sono particolarmente ampi rispetto a una normativa che, fino alla precedente formulazione, consentiva senza dubbio e a certe condizioni l’affidamento in house. E ora? Nel riscrivere quella norma, l’obiettivo era evitare la prosecuzione della procedura di infrazione. Allo stesso tempo, però, non si è chiarito definitivamente quale siano i limiti della libertà di affidamento. Alcuni autorevoli commentatori non si sono posti il dubbio e leggono il nuovo testo con serena limpidezza. Ma è proprio così pacifico?

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