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mercoledì 23 gennaio 2008

Fuori dal recinto

A carte scoperte, non c'è più spazio per barare. E neppure per tappare falle improvvise nella sempre traballante macchina amministrativa. Dopo la completa riscrittura dell'Art. 36, D.Lgs. n. 165/2001 operata dalla Finanziaria 2008, riesce difficile ipotizzare un tranquillo 2008 per gli enti di ogni dimensione. Le fondamenta del lavoro nella pubblica amministrazione, secondo la nuova e ben poco rivoluzionaria formulazione, sono i rapporti subordinati a tempo indeterminato. Grazie tante. Dopo anni di spinta al precariato in ogni suo possibile manifestarsi, questa semplice ma fino ad oggi scandalosa verità torna con prepotenza in prima fila, scalzando tutte le altre forme di accesso all'impiego dal podio più alto. C'è ben poco da ridere purtroppo, perché il fondamentale assunto non corrisponde in alcun modo a un allentamento dei vincoli capestro che hanno fino ad oggi impedito a quasi tutti gli enti di assumere (e poco male per quelli che hanno personale in grande esubero). Infatti, l'unica concessione al lavoro senza termine sono le ben note stabilizzazioni, riproposte quest'anno in salsa co.co.co. ma ben lontane dal rappresentare la vera medicina per curare la malattia cronica di cui soffrono gli enti locali: la sindrome da concorso asimmetrico. Da un lato, una moltitudine di enti sotto organico e con buone risorse finanziarie, impediti persino di sostituire il turn over. Dall'altro, una discreta quantità di altri enti, decisamente sopra organico, i quali sopravvivono benissimo anche senza rimpiazzare il personale che per qualche motivo se ne va. L'applicazione ovunque della stessa regola, cioè, ottiene il perverso effetto di favorire i meno virtuosi, soffocando chi si deve comunque arrangiare con i mezzi che ha. Riscriviamo dunque una buona volta queste norme sul personale, perché non si può accettare di sacrificare sull'altare del Patto di stabilità (inviolabile solo quando fa davvero comodo) la qualità del lavoro in amministrazioni perennemente alla canna del gas. Se esiste un obiettivo di saldi cumulativo, consolidato, è impensabile non differenziare gli obiettivi. Mai una volta che in una Finanziaria si sia preso in considerazione il parametro popolazione/personale dipendente per andare a vedere il bluff delle amministrazioni obese di personale. Lo si è fatto quest'anno per la prima volta (se non erro), ma non certo per costruire un vero percorso distintivo, ma solo come eventuale motivo per offrire una flebile deroga alle assunzioni, sempre però all'interno di un percorso che chiede a tutti, indistintamente, di ridurre tendenzialmente la spesa di personale. Senza invocare l'illimitato via libera alle assunzioni, vorremmo almeno percepire un indizio di rotte nuove, di nuovi modi di concepire il rapporto tra risorse disponibili e servizi da offrire alla popolazione. Di certo, tutto ciò è impossibile da qualche anno, poiché, indipendentemente dai colori predominanti, c'è sempre qualche norma in Finanziaria che ripropone schemi fissi e penalizzanti. La nuova disciplina del lavoro flessibile, ad esempio, consente l'assunzione di personale per non più di tre mesi o per esigenze stagionali, a meno che non si tratti di sostituire una maternità. Il richiamo al concetto di stagionalità, è vero, potrebbe rappresentare una scorciatoia per proporre assunzioni di più lunga durata. Ma anche presumendo un utilizzo moderato, quasi meteorologico, del concetto di 'stagione', resta il fatto che il legislatore non ritiene costo per l'amministrazione locale addestrare più persone per coprire un identica figura professionale. Dietro tutto ciò c'è il molto logico concetto che un'esigenza temporanea che si ripete per mesi e mesi, è tutto fuor che temporanea. Mancando tuttavia le mezze misure e soprattutto una regolamentazione meno rigida delle assunzioni a tempo indeterminato, ci si accorge subito che siamo nel campo delle nozze con i fichi secchi, cioè ci si deve arrangiare con quel che la legge permette. Che non è molto, purtroppo.

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