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lunedì 7 gennaio 2008

Convenzione democratica

Un colpo al cerchio e uno alla botte. Si potrebbe riassumere, talvolta, con una trita frase fatta, l'atteggiamento dell'Agenzia delle entrate di fronte ai quesiti di enti pubblici e privati. Nel senso che messa in condizione di applicare una norma particolare a una specifica fattispecie, spesso si rifugia in un comodo cantuccio, e si trova d'accordo con l'interpretazione fornita dal richiedente, ma anche (scusate il veltronismo) in disaccordo. Certo, non l'aiutano gli interpellanti, quando sottopongono all'Agenzia situazione mal definite o, peggio, genericamente delineate, di modo che una risposta precisa e inequivocabile diventa impresa improba anche per il funzionario meglio intenzionato. Una delle ultime risoluzioni del 2007, la 28 dicembre 2007, n. 394/E, affronta un vecchio tema, caro a tutti gli uffici ragioneria: quello delle delegazioni comunali e della loro definizione compiuta. Il punto di osservazione, in questo caso, è quello di chi deve applicare l'imposta sul valore aggiunto. Un comune intende realizzare una nuova sede della Polizia municipale e chiede all'Agenzia se sia possibile applicare l'aliquota agevolata del 10%, ritenendo plausibile configurare la sede in questione come 'delegazione comunale'. Il comune, in realtà, si è già portato avanti, avendo nel frattempo provveduto a deliberare il progetto dell'opera con un quadro economico nel quale è prevista l'aliquota ridotta, trattandola come "di urbanizzazione secondaria in quanto trattasi di delegazioni comunali". Sarebbe tutto semplice se non fosse che, come accade non di rado, il legislatore si è preoccupato di dire (attraverso una prassi consolidata) che cosa non è 'delegazione', piuttosto che darne una definizione in positivo. In questo modo, l'Agenzia ha buon gioco nel sostenere la tesi (restrittiva) secondo la quale può definirsi a buon titolo delegazione comunale esclusivamente quelle sedi "dirette ad agevolare, attraverso il decentramento dei servizi, gli utenti che possono in tal modo utilizzare gli uffici del territorio anziché quelli della sede centrale." Se non ci si può discostare da questa posizione, una sede di Polizia municipale non vi potrà rientrare, poiché si tratterebbe "semplicemente e meramente di un edificio riferibile all’ente pubblico, nel quale trova sede uno degli organismi comunali e, quindi, alla realizzazione dello stesso si renderebbe applicabile l’IVA nella misura ordinaria." Eppure. L'Agenzia pare non avere troppa voglia di crearsi nemici indesirati. O piuttosto non vuole che l'istituto dell'interpello sia visto come lo spauracchio del contribuente medio. E così, accanto a una porta che si chiude inesorabilmente, se ne apre un'altra con l'allettante controproposta: se la delegazione non va alla Polizia, che la Polizia vada alla delegazione. Ciò che un attimo prima era impossibile, "attesa la tassatività dell’elenco di cui al citato articolo 4 della legge n. 847 del 1964", si può ancora realizzare. Basta che "il costruendo immobile costituisca sede decentrata degli uffici di polizia e di vigilanza urbana al servizio diretto della collettività, nell’accezione innanzi data di delegazione comunale". Si corre il rischio, qui, di concludere che l'interpretazione restrittiva può essere facilmente smentita dalla realtà. E consentire un utilizzo estensivo della norma, potendosi ben verificare che la nuova sede sia edificata lontano dal municipio, perché così ritenuto economicamente efficiente dall'amministrazione. Così, se anche questa fosse l'unica struttura dove la P.M. esercita la propria attività, chi potrà mai contestare che non si tratta di sede decentrata e, soprattutto, che non sia al servizio diretto della collettività? Peccato che la richiesta del comune fosse molto chiara: costruiranno la sede della Polizia, non un distaccamento. Speriamo, almeno, che le somme a disposizione siano sufficienti.

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