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venerdì 14 dicembre 2007

Operazione sottoveste

Dopo aver costruito un'altra Finanziaria di lacrime e sangue (per il sudore, basta entrare in ufficio la mattina e osservare il programma di lavoro pronto per essere sviscerato), il legislatore (forse un po' pentito e in vena di riparazioni) pensa di cavarsela con la pubblicazione del decreto attuativo sull'attività di accertamento tributario. Nelle dieci paginette del provvedimento è dettagliatamente istituita la procedura che è stata studiata per permettere all'Erario di scovare in ogni angolo della penisola sacche di fiscalità sconosciuta e perciò più difficilmente individuabili standosene seduti lontani mille miglia. In un certo senso, è una piccola soddisfazione. Accade veramente di rado che, anche solo indirettamente, l'ente Stato riconosca di essere distante anni luce dalle realtà locali (ce ne sono più di ottomila, ma di solito sono prese in considerazione come fossero un unico indistinto agglomerato di esigenze e problemi). Tuttavia ciò non è certamente sufficiente a farci esultare per questa roboante novità. Tutto ha un prezzo, in verità. La collaborazione con l'Agenzia delle Entrate frutterebbe, infatti, agli enti che decidessero di parteciparvi, il 30% della maggiore imposta (sanzioni comprese) accertata nei confronti di evasori parziali ma soprattutto totali. Però, diciamolo subito, per toccar con mano i tesori nascosti del deserto fiscale ci toccherà fare i delatori; il braccio armato della Guardia di Finanza; le talpe locali del Ministero di Padoa Schioppa. Che ci piaccia o no, a questa attività sotterranea possiamo contribuire esclusivamente fornendo all'Agenzia delle Entrate nomi, cognomi e codici fiscali di coloro per i quali esistono fondati sospetti che: "pur svolgendo un’attività di impresa, sono privi di partita IVA; nelle dichiarazioni fiscali hanno dichiarato di svolgere un’attività diversa da quella rilevata in loco; sono interessati da affissioni pubblicitarie abusive, in qualità di imprese utilizzatrici e di soggetti che gestiscono gli impianti pubblicitari abusivi; pur qualificandosi enti non commerciali, presentano circostanze sintomatiche di attività lucrative". E questo è solo il versante dei controlli sulle attività commerciali. Le situazioni poco chiare da tener d'occhio, infatti, spaziano dall'urbanistica (lottizzazioni, abusivismo, ecc.) alle proprietà edilizie e, più in generale, al patrimonio immobiliare (è qui, con ogni probabilità il terreno più fertile per gli enti locali, poiché dall'attività di recupero tributario realizzata per ICI e TARSU a quella per IRPEF e IRES il passo è un po' più corto); dall'emersione di residenze all'estero probabilmente fantomatiche alla conoscenza del possesso di beni di lusso pur in presenza di redditi dichiarati irrisori. Le comunicazioni passeranno esclusivamente dal web, modalità ormai privilegiata per i flussi informativi di ogni tipo da e verso i Ministeri. E il Consiglio di Stato si è raccomandato, nel rilasciare il parere doveroso sul decreto attuativo, che la gestione dei dati (va da sè, sensibilissimi) sia particolarmente oculata. Che i Ministeri sappiano far buon uso dei nostri tracciati record è tutto da dimostrare, data la palese, pluri-provata, incomunicabilità tra dipartimenti: l'onere della prova, almeno stavolta, dovrebbe cadere su di loro. Ciò sul quale manifesto forti dubbi, però, è che realisticamente gli enti possano collaborare proficuamente, dando informazioni ma, allo stesso tempo, ricevendone dall'Agenzia delle Entrate per monitorare l'andamento degli accertamenti. Tenuto conto dell'indolenza con la quale Equitalia ha trattato gli enti destinatari dell'art. 48-bis sui pagamenti oltre i 10.000 euro, qualche perplessità dovrebbe venire anche a voi.

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