Too Cool for Internet Explorer

martedì 18 dicembre 2007

Le montagne della follia

Le norme ‘manifesto’, piene zeppe di fumo denso e catramato ma altrettanto vuote di contenuti pratici, costellano il DDL Finanziaria 2008 anche dopo il passaggio fiduciario alla Camera. Quest’ultimo prelude ormai a una presa d’atto da parte del Senato (anche perché la sola idea di rettificare fosse pure una sola virgola del testo uscito da Montecitorio equivarrebbe a un suicidio, e all’esercizio provvisorio certo). Per questo motivo, nello scorrere queste disposizioni volutamente scritte in modo generico, con rari riferimenti a decreti attuativi e, comunque, molto precisi nella loro ineffabile imprecisione, sono dell’idea che, mai come quest’anno, sia riuscito al legislatore l’obiettivo di complicare in maniera esagerata l’attuazione di un progetto che emerge fra le righe dei tre super-articoli. Che sarebbe poi quello di dare un’immagine dell’amministrazione pubblica come di un’organizzazione capace di autoriformarsi, lentamente ma inesorabilmente. Purtroppo, il titanico compito è lasciato a una lista di disposizioni tanto disomogenea quanto inefficace. Come giudicare, infatti e ad esempio, la scelta di rendere nulle le polizze per assicurare gli amministratori contro il danno contabile, quando ben si sanno due cose: che la colpa grave (e a maggior ragione il dolo) non sono comunque risarcibili, mentre la colpa lieve non costituirebbe in ogni caso danno erariale. Oppure, quale significato attribuire all’obbligo anche per le autonomie locali di sciogliere gli enti e le agenzie collegate che svolgono funzioni sovrapponibili con quelle dell’ente originario, quando è completamente assente dalla norma un benché minimo tentativo di esemplificare cosa debba intendersi per identiche funzioni. C’è tuttavia un gruppo di commi che racchiude in sè l’essenza pasticciona dell’intera manovra ed è quello che, nell’intento di vigilare seriamente sulle partecipazioni degli enti locali, vieta a questi ultimi di acquisire partecipazioni anche minoritarie oppure costituire ex novo società che abbiano come oggetto sociale un’attività non istituzionale rispetto ai compiti assegnati all’ente. In questo caso, a ben osservare, il capolavoro è quello di vietare tassativamente (dando addirittura un termine per la cessione delle partecipazioni fuorilegge: giugno 2009) qualsiasi scelta che possa comportare l’esternalizzazione di servizi. Traguardo che avrebbe un senso se il legislatore si ponesse il problema di quali (in dettaglio) possano essere quelli che legittimamente non possano essere erogati da una persona giuridica diversa da comuni e province, escludendoli sulla base di elementi oggettivi. Ma in questo modo, lasciando inoltre aperta la finestra dei servizi c.d. ‘di interesse generale’, si permette idealmente di scavalcare il divieto (perché non è chiaro cosa è vietato) partecipando in società costituite con una ‘missione’ ufficialmente di carattere universale (perché non è chiaro cosa è consentito), ma sulle quali non verrebbe comunque esercitato alcun controllo. Le parole, specie quando non hanno un senso univoco e non misinterpretabile, sono pericolose. In questo caso, saranno sicuramente dannose, poiché i Consigli comunali che dovranno provvedere a ‘giustificare’ le partecipazioni esistenti sulla base di quella vaga nozione scritta nel testo si assumeranno l’onere di considerarle indispensabili. Immagino, infatti, quanto sarà difficoltoso decidere di abbandonarle solo perché la norma è oscura. Nel caos prenatalizio queste petizioni di principio rischiano di passare inosservate, o sottovalutate. Ma tra poco saranno legge. E, senza un sostanzioso correttivo, cambieranno tutto per lasciare le cose esattamente come prima.

0 Comments: