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lunedì 10 dicembre 2007

La fine dell'innocenza

Lanciare il sasso e nasconder la mano è pratica tanto comune quanto indigeribile. Purtroppo, chi casca sovente nel tranello è il legislatore, spesso occupato a turar falle nella nave del sistema giuridico, piuttosto che a stabilizzarne la velocità di crociera. Così, dopo quasi un’anno dalla sua subdola abrogazione, nessuna parola definitiva è stata ancora pronunciata su una questione che definiremmo delicata, solo per non eccedere negli aggettivi: la riscossione diretta dell’imposta comunale sugli immobili. Nel piccolo testo unico sui tributi locali contenuto nella Finanziaria 2007 si era fatto posto per un comma (il 175) che, senza alcun fronzolo, toglieva di mezzo una delle facoltà consentite agli enti locali per regolamentare l’ICI. Poiché norme dall’esito così draconiano non procurano mai brividi di gioia al funzionario comunale medio, un’Agenzia delle entrate più solerte del solito decise di esporsi, sostenendo che, sì, la legge aveva cancellato un brandello di norma, ma ciò non significava affatto dover rinunciare all’autonomia della riscossione, poiché in via generale restava pienamente vigente l’art. 52 del D.Lgs. n. 446/1997, con ciò salvando la capra e pure i cavoli. Il semplicismo con il quale si voleva liquidare la faccenda costituiva un’arma a doppio taglio, poiché il Ministero sapeva benissimo che dietro quella secca abrogazione non vi era altro che il primo passo verso l’utilizzo esclusivo del modello F24 per pagare non solamente l’ICI, ma nel medio periodo tutti i tributi e le entrate comunali. Evidentemente, non tutti gli attori in commedia potevano far finta di niente. Benché una stampa accondiscendente (o accomodante, fate voi) abbia proseguito nei mesi successivi a raccontare la favola a lieto fine dell’ente locale di nuovo padrone delle proprie entrate, a qualcuno questa unanimità non è piaciuta. In un parere reso nella scorsa primavera dalla sezione regionale di controllo per la Calabria, la Corte dei conti ha proposto un ragionamento che, pur partendo da identiche premesse, si chiude con un esito davvero non scontato. E pure più restrittivo di quello che il semplice dato normativo sembrerebbe far emergere. La Corte sostiene quello che, in cuor suo, il legislatore ha pensato fin dall’inizio, ma non ha avuto il coraggio di esprimere compiutamente. Eliminare la facoltà prevista dall’art. 59, c. 1, lett. n), D.Lgs. n. 449/1997 significa voler limitare il raggio d’azione dell’ente locale sulle proprie entrate, “probabilmente per razionalizzare il sistema su base unitaria, oltre che per un più efficace controllo”. L’inciso finale è un monito e un auspicio, nello stesso tempo. Un monito, perché la Corte rileva la incapacità del legislatore di operare una scelta chiara e definitiva, individuando i mezzi, ma trascurando del tutto i fini. Un auspicio, perché l’agilità del sistema di pagamenti effettuati con F24 raggiungerebbe esattamente lo scopo di dare efficienza a un sistema palesemente disomogeneo. Quale conclusione poteva allora trarne la magistratura contabile, se non quella di ritenere esclusa “la possibilità per i comuni di continuare a riscuotere e versare l‘ICI su conto corrente postale intestato alla Tesoreria del Comune o su quello direttamente aperto presso la Tesoreria medesima, nonché con pagamento tramite sistema bancario”? Certo, la Finanziaria 2007 non può funzionare retroattivamente, lasciando i comuni già riscuotitori diretti in un limbo senza redenzione. Resta il fatto che, per tutti gli altri enti, è pratica prudente quella di sospendere l’eventuale scelta di abbandonare i concessionari, in attesa che la timidezza del legislatore lasci spazio a una decisione definitiva sul futuro della riscossione tramite F24. Sperando che la mano che ha lanciato il sasso non resti dietro la schiena.

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