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lunedì 17 dicembre 2007

Due turni di squalifica

Nei quindici anni dalla sua introduzione, l'imposta comunale sugli immobili non è mai rimasta uguale a se stessa per più di qualche mese. La legislazione ha sempre trovato un appiglio per modificare, rettificare, correggere, integrare la disciplina di un tributo evidentemente ritenuto (come non essere d'accordo) pietra miliare nella disastrata fiscalità locale. Purtroppo, questa infinita mutevolezza non si è mai accompagnata ad una decisa volontà di liberarlo dalla sua cappa erariale per trasformarlo in tributo comunale una volta per sempre. Fatta salva, infatti, l'entrata in vigore del D.Lgs. n. 446/1997, ogni altro intervento normativo ha di fatto costretto i comuni a inseguire la disciplina del tributo, piuttosto che a dar loro gli strumenti per ottenere sul campo l'agognata libertà d'azione. La sinfonia si ripete (chi ne dubitava) anche quest'anno. Si può pure passar sopra all'intera vicenda della detrazione statale, sulla quale ci siamo già dilungati, ma che non finirà di produrre conseguenze ben oltre il primo gennaio. E, fino alla scorsa settimana, solo questo era l'intervento del legislatore di rilievo per il 2008. Invasivo, ma stranamente unico. Evidentemente la pausa prima della discussione alla Camera (in verità molto breve, poiché il testo è stato approvato così come era uscito dalla Commissione bilancio di Montecitorio) ha portato (cattivo) consiglio e possiamo così bearci di un paio di novità affatto diverse nelle premesse, ma con identiche conseguenze sull'autonomia tributaria comunale. La prima è la soluzione per via legislativa a un problema già affrontato dal Ministero dell'Economia e delle Finanze con due risoluzioni tutt'altro che esaurienti. Il coniuge separato o divorziato non assegnatario della casa coniugale potrà usufruire dei benefici (aliquota e detrazione) per abitazione principale, a patto che nello stesso comune non possegga un altro immobile ugualmente abitabile. Il sollievo per aver finalmente chiarito il dubbio non leva l'amaro retrogusto della constatazione che non si è proprio pensato a lasciare esplicitamente nella potestà regolamentare dei comuni il diritto a introdurre tale agevolazione, magari temperata da un limite di reddito. La seconda novità è la possibilità di introdurre (mediante modifica del regolamento comunale e a partire dal 2009) un'aliquota agevolata (addirittura inferiore a quella minima del 4 per mille) per coloro che installano negli immobili in loro possesso impianti termici a fonte rinnovabile. I benefici effetti sul rispetto del protocollo di Kyoto non devono, a mio avviso, mettere in secondo piano il fatto che, anche in questo caso, la legge dispone quasi per intero la disciplina dell'agevolazione (la fattispecie, il limite d'aliquota, la durata). Che per introdurre questo beneficio serva una deliberazione consiliare, d'accordo. Ma il suo contenuto, di fatto, è già confezionato. Infine, un'osservazione collaterale. Ciò che non vale, agli occhi del legislatore, per i Comuni, vale invece per le Regioni: dal 2009, l'IRAP sarà (quasi) interamente gestita in autonomia dagli enti che ne ricevono il gettito. Trattandosi, non a caso, degli stessi enti che producono i maggiori scompensi alla finanza pubblica, pur essendo esentati dai vincoli olandesi che ben conosciamo, non può sfuggire la triste ironia della scelta legislativa, che toglie autonomia proprio agli enti che negli ultimi dieci-dodici anni (almeno) hanno saputo dimostrare sul campo quanto siano capaci di adeguarsi a una legislazione perennemente in evoluzione (e quasi sempre penalizzante) e ciononostante mantenendo inalterato il livello dei servizi erogati.

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