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mercoledì 26 dicembre 2007

Clausola vessatoria (FL.it Awards 2007/3 - Il provvedimento dell'anno)

Se persino una città del nord opulento e operoso, regolarmente al margine delle prime pagine nazionali, per appagamento e per discrezionalità, ha deciso di venire allo scoperto promuovendo un'azione legale contro il Ministero dell'Interno, vuol dire che la misura era davvero colma. E il vaso è traboccato a causa del Provvedimento dell'anno, l'art. 3, D.L. 2 luglio 2007, n. 81 (nella versione rivista e corretta della legge di conversione). E' pur vero che la pillola amara prescritta da quell'articolo è il punto di arrivo di un percorso creato un anno prima, con il D.L. 3 ottobre 2006, n. 262. Tuttavia, è attraverso la norma della scorsa estate che l'inganno (e il danno) si sono manifestati in tutta la loro pesante gravità. Motivazione: la questione (più ICI ai comuni dal riaccatastamento di fabbricati ex rurali, meno trasferimenti sulla base di stime alla 'viva il parroco' dell'Agenzia del Territorio) è più che nota e ha aperto falle non sempre riparabili nello scafo dei bilanci locali. L'eccezionalità del provvedimento, però, non sta nel fatto che l'erario ha sborsato parecchi euro in meno in conto trasferimenti 2007, pratica ormai ordinaria, alla quale persino gli amministratori sembrano non far più caso. Il vulnus vero e salato dell'iniziativa di legge sta in due elementi concomitanti e fino ad oggi mai visti che mettono sottosopra il rapporto di fiducia con le autonomie locali. Il primo è rappresentato dalla scelta di tagliare risorse non sulla base di criteri oggettivi (tra l'altro già contenuti nel provvedimento del 2006), ma (scientemente) applicando un'iniqua proporzione aritmetica tra maggior gettito presunto e trasferimenti attribuiti. Questo spiccio sistema nulla dice sulla reale portata del maggiore introito ICI, il quale potrebbe tranquillamente non verificarsi e, anzi, per alcuni enti sicuramente non si verificherà, poiché l'Agenzia del Territorio li ha già inseriti nell'elenco degli orfani di fabbricati riaccatastati. Le due certezze concomitanti si sommano così creando un doppio buco di bilancio che, e qui sta il secondo e più grave elemento sovversivo, la norma laureata cerca di coprire ex lege. Non che vi sia l'obbligo di seguire la strada indicata dall'art. 3, ma, benedetti signori, quanti pensate possano essere gli enti che, a novembre, hanno ancora risorse disponibili per coprire l'ammanco dei trasferimenti? Nel decreto tutto sembra facile: "i comuni sono autorizzati a prevedere ed accertare convenzionalmente quale maggiore introito dell'imposta comunale sugli immobili un importo pari alla detrazione effettuata per ciascun ente. Gli accertamenti relativi al maggior gettito reale effettuati dal 2007 sono computati a compensazione progressiva degli importi accertati convenzionalmente nel medesimo esercizio." Dunque, gli enti che già potrebbero certificare di non recuperare un euro di ICI, il minore trasferimento lo subiscono lo stesso e senza remissione. Eh già, perché il taglio poteva essere indolore se, nei tempi previsti, il Ministero avesse adottato il decreto che doveva definire le modalità di certificazione del gettito ICI rivisto. Sommiamo agli addebiti il fatto che i comuni soggetti al patto di stabilità sono stati addirittura autorizzati a ritenere 'incassati' gli importi presunti di maggiore ICI e che, generosamente, il Ministero ha previsto di non ridurre ulteriormente i trasferimenti ai comuni che avessero recuperato un gettito superiore al taglio di novembre e otteniamo il candidato perfetto non solo al provvedimento dell'anno ma probabilmente del decennio. La speranza, in realtà, è che una norma così malfatta non crei un precedente: la causa legale intentata dal comune di cui dicevo all'inizio servirà soprattutto a impedire questo. Ritira il premio: il viceministro del MEF Vincenzo Visco. Si è lamentato in più di un'occasione che la scelta di introdurre una detrazione statale per l'ICI ha un carattere penalizzante nei confronti dell'autonomia tributaria degli enti locali. Quest'ultima, però, si difende anche impedendo lo scempio di norme come quella premiata.

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