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mercoledì 14 novembre 2007

L'urlo della foresta

Ora è tutto chiaro. Fiumi di inchiostro (beh, per ora, solo qualche rio, lo ammetto), grandi proclami di novità (che non mancano mai) e tanta fuffa per spiegarci che, entro un periodo massimo di tre anni dall'entrata in vigore del provvedimento ad hoc, in tutti gli enti locali d'Italia farà il suo debutto la contabilità ambientale. Fin dall'inizio, appena letto il testo del disegno di legge che, dopo modifiche e ripensamenti su questioni specifiche e, come vedremo, cruciali, è stato battezzato dalla Conferenza Stato-Regioni, alzi la mano chi non si era fatto una grassa risata (dopo aver balbettato irriferibili improperi a chiunque avesse avuto la balzana idea originaria). E difatti, il primo punto all'ordine del giorno di ipotetici stati generali dei ragionieri dei comuni avrebbe dovuto essere: richiesta di chiarimenti ai Ministeri competenti sull'opportunità di aggiungere alla messe di adempimenti già in vigore un ulteriore massiccio mattone. Eh sì, perché se ci avessero proposto un passaggio da contabilità finanziaria a contabilità economica, graduale ma progressivo, una discussione approfondita e soprattutto seria si sarebbe potuta (dovuta?) iniziare. Invece, poiché abbiamo perduto l'innocenza da tempo immemore, quella rapida e pure noiosa lettura ci aveva ancora una volta confermato che siamo l'anello debole della catena, così debole che ci stanno pure aiutando a tagliarlo definitivamente. Quello però che non mi aspettavo è di leggere che dietro la smania verde del legislatore c'era un meccanismo che porta dritto dritto alla cassaforte. Pare, infatti, che tutta l'attività di gestione informatica dei dati che saranno immessi nel gran cervello centrale che fagocita ma non restituisce sarà affidata ad ANCI. E poiché si tratta di un potenziale giro d'affari milionario, in percentuale sulla spesa d'investimento del Ministero dell'ambiente (nel solo D.L. n. 159/2007 sono stanziati 1.500 milioni di euro per politiche ambientali di varia natura), come sfuggire al retropensiero che il verde di cui parliamo è più quello del fatturato prossimo venturo dell'associazione che non quello dei prati dietro casa. Tanto più che l'ultimo pezzo del puzzle studiato per l'occasione è proprio il 'via libera degli enti locali', alibi generosamente precostituito per sbatterci in faccia la norma appena sfornata, impedendoci di replicare. E invece replicare si dovrebbe, perché su questa rappresentanza bisognerà pure intervenire prima o poi. Non che si voglia introdurre un sistema plebiscitario per giudicare dell'opportunità o meno di una nuova disposizione. Ma si dovrà convenire, credo, sul fatto che le realtà operative sono sistematicamente lasciate fuori dalla porta, anzi, neppure convocate, quando si deve dare una sterzata alla legislazione. Se l'ANCI, a buon diritto, siede a quel tavolo (e in certe occasioni, come testè dimostrato, non recita solo la parte del convitato di pietra), perché non potrebbe (a mio parere, con eguale peso specifico) sedere un rappresentante dell'ARDEL (ad esempio). Si continua a far passare l'idea che la rappresentanza politica basti a garantire chiunque. E' una concezione monca, che temo resterà come voce nel deserto.

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