Too Cool for Internet Explorer

venerdì 2 novembre 2007

Dietro la lavagna

Da una parte ci sono i Comuni, che applicano le norme di legge e tassano, come previsto da una normativa spietata ma inoppugnabile, le superfici degli istituti scolastici ai fini dei tributi sulla raccolta e sullo smaltimento dei rifiuti urbani. Dall'altra parte, appunto, ci sono gli organi dirigenti delle scuole pubbliche che, fino a un lustro fa, sono riusciti a schivare il balzello, grazie anche a opportune precisazioni ministeriali le quali, di fatto, ponevano sulle spalle degli enti locali l'onere di pagare le cartelle esattoriali. Si trattava, di fatto e di diritto, di una partita di giro anomala, essendo il comune obbligato a iscrivere a ruolo la scuola ed emettere la cartella esattoriale e, in un secondo momento, a pagarla a se stesso attraverso il concessionario: in realtà, quindi, accollandosi l'intera quota. Questo sistema di finanziamento, dal quale, come da tradizione, si chiamava immancabilmente fuori il Ministero competente (nelle sue molteplici denominazioni degli ultimi vent'anni), durò fino a che quest'ultimo, tirato per i capelli dagli enti locali, stufi di farsi carico di una spesa extra-curricolare, si decise a prendere l’impegno (istituzionale, ci mancherebbe) nella Conferenza Unificata Stato/Regioni di pagare, a partire dal 2002, la relativa tassa al posto dei Comuni. Nelle pieghe del bilancio dei singoli istituti, le segreterie amministrative iscrivevano correttamente in entrata il trasferimento dello Stato per pagare la tassa. Il Comune, nel frattempo, emetteva sereno i suoi ruoli, consapevole che il problema era stato definitivamente risolto. Sembrerebbe una favola a lieto fine, almeno per chi si vedeva sgravare dall'onere ingiusto. Purtroppo, è sempre consigliabile restare in sala fino alla fine, perché in agguato, nel buio di un corridoio ministeriale, c'era lo spaventoso 'residuo fantasma'. Pare, infatti, che il MUIR si sia dimenticato per anni di trasferire quelle benedette somme alle scuole. Già nel 2004, gli stessi dirigenti scolastici suonavano la campanella (d'allarme) per avvertire che il piatto piangeva e che il Ministero non faceva il suo dovere. Niente è cambiato negli anni successivi. Così, il patologico senso del risparmio che aleggia nei pressi della Pubblica Istruzione si è trasformato oggi nel più comico dei paradossi. Da quando Equitalia ha preso in mano le redini della riscossione, sembra non guardare più in faccia a nessuno (evidentemente, lavorare a percentuale rappresenta uno stimolo irrefrenabile). E così tutte quelle cartelle impagate si sono trasformate in pignoramenti, e cosa volete che si pignori in una scuola, posto che gran parte del materiale è funzionale all'attività didattica? Che diamine, i conti correnti, unico pozzetto (con fondo basso) dal quale attingere un po' di liquidi. E questi conti chi li alimenta, visto che le scuole non riscuotono entrate proprie, se non gli enti locali e il Ministero stesso: un circolo vizioso di rara intricatezza. Siccome la merendina costa (interessi di mora esclusi) non meno di 200 milioni di euro, c'è da dubitare che nelle casse degli istituti 'debitori' si possa congelare tanto liquido. E a Equitalia non resterà che rivolgersi al Ministero. Stavolta, la partita di giro la dovrà gestire qualcun altro.

0 Comments: