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lunedì 22 ottobre 2007

In tre è una folla

Di associazioni che tutelano il buon nome dei revisori contabili se ne conta più d'una. Anche perché di enti da tenere sotto controllo ce n'è a bizzeffe. ANCREL e ANREV, a livello nazionale, si dividono le platee e, forse, gli iscritti. Il repertorio suonato a ogni cambio di stagione, però, è quasi sempre lo stesso. In questi mesi, poi, c'è da combattere la madre di tutte le battaglie: quella contro il revisore unico nei Comuni tra i 5.000 e i 15.000 abitanti. Ricordate benissimo, lo so, la sottile perfidia con la quale la Finanziaria 2007 aveva sottratto a un discreto numero di professionisti l'appannaggio di quegli enti che fino ad allora erano verificati da un collegio trino. La norma fu oggetto di interpretazioni controverse (anche se, fortunatamente e sensatamente, per breve tempo). Il tiro alla fune si giocava tra coloro che ritenevano decaduti da subito i collegi in carica (in un ascesso di furia tagliateste) e i più freddi fautori del 'vivi e lascia scadere' (il mandato), che alla fine (in nome del diritto) prevalsero. Ma quel comma restò lì, immutato, a ricordare che la riduzione dei costi della politica passa anche da una struttura di auditing più snella, laddove è proponibile. Avete mai sentito una corporazione plaudire a una decisione che ne limita i poteri? Nemmeno io. E allora, ad ogni convegno, il ritornello non cambia: ridateci il terzetto. Sullo Struzzo giallo di oggi, tocca ad ANREV l'ennesimo tentativo di farci credere che da soli non ci si riesce proprio a controllare tutto. Che poi, le motivazioni per non lasciare disoccupati i professionisti tagliati, con un piccolo sforzo si trovano. Dalla maggiore responsabilità assegnata ai revisori dalle leggi in vigore (non ultima quella sulle Linee guida da inviare alla Corte dei conti), alla mole di lavoro che, da solo, un controllore non reggerebbe. Ricordo, anni fa, in un collegio a tre, che il Presidente si faceva preparare dall'ufficio ragioneria i verbali in bozza prima della seduta. Così, quando si presentavano per le verifiche, la pappa era già mezza pronta. Insomma, non sono certo i funzionari dell'ente che lesinano in collaborazione. Qui invece, non solo si ribadisce il no secco della categoria, ma si alza addirittura la posta chiedendo un ritocco ai compensi e, tanto per far capire che per i giovani revisori c'è sempre tempo, possibilità di un terzo mandato (non consecutivo, ci mancherebbe). Quindi, per evitare il ridicolo, sarebbe opportuno trovare altri alibi. Difficile, lo so. Tanto più che, con questo oltranzismo che ormai rasenta la cocciutaggine, i revisori non acquistano di certo sostenitori, al di fuori dei loro iscritti. Eppure, basterebbe una sola significativa proposta: chiedere l'approvazione di una norma che assegni alla Corte dei conti il compito di nominare i revisori negli enti locali, in luogo dei Consigli. Un sistema pratico ed efficace per ridurre (se non eliminare tout-court) i sospetti di una sotterranea connivenza tra controllori e controllati. Finora, l'ho sentita pronunciare dal solo Antonino Borghi, voce autorevolissima ma, a quanto pare, isolata. Non sarebbe sufficiente a farci cambiare idea sull'opportunità dei collegi a tre, ma almeno restituirebbe all'intera categoria la dose di carisma che oggi stenta a meritare.

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