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mercoledì 3 ottobre 2007

Il tempo che fa

Consiglio vivamente un salto all’indirizzo internet http://finanzalocale.interno.it/pub/rel_add_irpef_2006/relazione.html. Come si può già facilmente intuire, il Viminale vi ha reso pubblico il testo della relazione annuale al Parlamento sull’applicazione dell’Addizionale comunale all’IRPEF. L’anno di riferimento è il 2006. Il documento è interessante non tanto per la prima, istituzionale, trattazione che ripercorre lo stato della legislazione vigente in quell’anno (ultimo del blocco forzoso delle aliquote), spiega il meccanismo di attribuzione e fornisce i dati complessivi del gettito introitato dalle amministrazioni che l’hanno applicata.
La vera rilevanza del rapporto parlamentare sta tutta nella sequenza articolata di grafici e tabelle che rielaborano statisticamente i dati comunicati al Ministero e che, in conclusione, disegnano la mappa del tributo secondo molteplici punti di vista.
Ne esce un quadro del federalismo fiscale applicato al quale guardare ogni volta che salgono i toni dell’annosa polemica sulla pressione tributaria locale. Per ragionarci sopra a mente fredda e senza inutili pregiudizi.
Innanzitutto, vale la pena soffermarsi sulla quantità di enti che hanno introdotto l’addizionale. Perché è un dato che fornisce buone ragioni ai detrattori dell’autonomia fiscale ma non di meno può essere interpretato anche a favore di coloro i quali sostengono la necessità di implementare un sistema tributario locale finalmente moderno. Fatto cento il totale degli enti italiani, quelli che applicano l’addizionale sono, dunque, quasi il 70%. Se facciamo l’ulteriore verifica della percentuale sulla popolazione totale arriviamo addirittura a oltre l’83%.
Argomento contro: si tratta di un inutile inasprimento della pressione fiscale, troppo facilmente applicabile invece di adottare efficaci misure di contenimento della spesa. Argomento a favore: la gamma di aliquote a disposizione permette di non gravare eccessivamente sul bilancio delle famiglie e, allo stesso tempo, di fornire servizi in più o meglio organizzati. Entrambe le tesi non reggono se non sono calate in ogni singola realtà locale, ma la seconda possiede, secondo me, un grado più alto di buon senso fiscale. Soprattutto se consideriamo che circa il 40% dei comuni che hanno applicato l’addizionale hanno contenuto l’aliquota entro lo 0,2%.
Dalla ripartizione geografica del prelievo non apprendiamo novità che ci sorprendono. E forse proprio questa normalità ci consente di assegnare all’addizionale un ruolo ancor più importante dell’ICI nel definire l’autonomia tributaria degli enti locali. Il dato ovvio è, infatti, che le regioni più ricche sono quelle che (indipendentemente dal peso specifico dell’aliquota deliberata) ottengono il gettito più elevato (in termini relativi e assoluti).
La perequazione che si intuisce dall’applicazione di questo meccanismo lapalissiano è, di fatto, molto più comprensibile di quella attuata dall’Erario nel calcolare i trasferimenti ai comuni, sempre più kafkiana. In definitiva, il gettito è di esclusivo appannaggio di chi lo impone, così sono accontentati persino i meno solidaristi, poco propensi a contribuire a un fisco nazionale che redistribuisce con criteri sempre meno condivisi dalle Alpi a Capo Passero.
L’argomento davvero decisivo, però, è che, a differenza di quanto accade per l’ICI, una sovraimposta sui redditi attua il principio costituzionale della capacità contributiva e ne sfruttano la potenzialità. Osservando, cioé, che alcuni grandi comuni (su tutti, Milano) si sono astenuti (fino al 2006) dall’approfittare della facoltà di legge, possiamo dedurre che la popolarità dell’imposta è inversamente proporzionale alla dimensione degli enti e che, pertanto, proprio laddove è più pesante la rigidità dei bilanci locali, un prelievo modulato sulla effettiva possibilità di partecipare alle spese comunali rappresenta uno strumento concreto di politica tributaria, che un Sindaco moderatamente assennato è in grado di far digerire anche all’elettorato più agguerrito.
La relazione del 2007, già lo sappiamo, farà rilevare l’ulteriore successo dell’addizionale nei comuni italiani, una volta liberati dalla gabbia del blocco. Ciò rafforzerà un altro po’ l’idea di una rete di autonomie locali già preparate a costruire bilanci dove le risorse dal centro sono più volubili delle perturbazioni meteorologiche e già abituate da un pezzo a fare le nozze con i fichi secchi.

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