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giovedì 25 ottobre 2007

Giro di vite

Le abitudini, si sa, difficilmente si cambiano. Quando, per ragioni di forza maggiore, vi si è costretti, lo si fa sempre a malincuore, covando la segreta speranza che il corso degli eventi possa essere invertito e che ci sia dato modo di ritornare al passato. Non di meno, i saggi accettano il cambiamento, consapevoli che la tutela del bene superiore deve prevalere. C’è qualcuno, invece, che non è neppure sfiorato dal dubbio di essere obbligato a tornare sui suoi passi e che continua imperterrito a scavalcare i confini della propria competenza, noncurante delle conseguenze. Se stavate pensando al Dipartimento per le politiche fiscali, avevate ragione. Sul tema della soggettività passiva ICI nel caso di abitazione coniugale, il Ministero si era pronunciato qualche mese fa, con una risoluzione (la n. 4440 dello scorso 4 aprile), ampiamente controversa ma, come è recente suo costume, categorica nelle conclusioni. E anche un po’ eversiva. Si trattava, ricorderete, di stabilire se il coniuge separato/divorziato al quale il giudice non aveva assegnato la casa coniugale avesse comunque diritto, in quanto proprietario e dunque soggetto passivo ICI, a usufruire delle agevolazioni previste dalla normativa (eventuale aliquota ridotta e maggiore detrazione). Si tratta di una fattispecie che la legge non regola in maniera esplicita, il che determinerebbe immediatamente la negazione di qualsiasi beneficio. Eppure, la vena generosa del Ministero si espresse con vigore affermando che, per introdurre nell’ordinamento una previsione di questa natura, è sufficiente approvare una modifica ‘ad hoc’ del regolamento comunale di gestione dell’imposta, assimilandola a quella (prevista invece dalla norma di legge) che regola le abitazioni “concesse in uso gratuito a parenti in linea retta o collaterale” chiedendo all’ente di stabilire solamente il grado di parentela entro il quale l’agevolazione si intende applicare. Rendendosi conto di aver fatto il passo ben più lungo della gamba, il DPF cercò in extremis di giustificarsi sostenendo che tale previsione può rientrare nella più ampia potestà regolamentare prevista dall’art. 52, comma 1, dimenticando però che quest’ultimo vieta di introdurre disposizioni regolamentari che disciplinino l’individuazione e la definizione delle fattispecie imponibili e dei soggetti passivi. Neppure il trascorrere dei mesi ha raffreddato i bollenti spiriti ministeriali, che anzi risultano immutati come si può rilevare dalla lettura della più recente risoluzione n. 5/DPF dello scorso 18 ottobre. Si ritorna, nel documento, sulla stessa questione risolvendola con gli stessi argomenti, senza mai ragionare sul fatto che una deroga a una norma non può che essere introdotta da un’altra norma di pari grado. Ma queste bazzecole procedurali non sono, evidentemente, motivo di preoccupazione per gli estensori delle note, i quali, piuttosto, preferiscono chiamare in causa la giurisprudenza della Cassazione che, in almeno un paio di occasioni, ha fornito un suo quadro della situazione, ma guardandosi bene dall’affermare ciò che invece il Ministero divulga con preoccupante faciloneria. Attendendo l’approvazione di una norma che integri l’attuale elenco tassativo di attribuzioni regolamentari o, almeno, un orientamento della giurisprudenza che affronti di petto la vicenda, temiamo gli ulteriori fuochi d’artificio del Ministero, sperando che non ci scoppino fra le mani.

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