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martedì 23 ottobre 2007

Azione futurista

Alla guerra come alla guerra, dicono i cugini d'oltralpe. E non hanno mica torto. Quando si tratta di menar fendenti per scacciare chi assale il fortino, nei ministeri non si tirano indietro. Non ultima, ma certamente non meno letale, Linda Lanzillotta che, incurante della marea montante dell'anti-politica, si propone come paladina delle province, specie che qualcuno vorrebbe in via di estinzione, ma che si ostina, quasi offendendo il darwinismo più ortodosso, a sopravvivere, eccome. Non ce l'ho con le province in quanto tali, ma, obiettivamente, schiacciate come sono nel sapido sandwich Regioni-Comuni, fanno la parte della sottiletta, che ci deve essere sempre, anche se nessuno ne sente il sapore. Voglio dire, quali sarebbero le competenze, attualmente rigorosamente provinciali, che non potrebbero essere delegate (in su o in giù) senza che ne risenta la qualità delle comunità amministrate? A me non ne viene in mente nessuna. Tanto più che quando si parla di decentramento, vien da sogghignare pensando alle entrate proprie delle ormai più di cento targhe presenti lungo lo stivale: imposta sulle trascrizioni, imposta sulla RC Auto, addizionale TARSU/TIA, Addizionale ENEL. A parte l'addizionale IRPEF, inutile e oneroso doppione di quello comunale e (guarda caso) regionale, non si trova una traccia consistente di un percorso dritto verso l'indipendenza finanziaria. Il che non significa che, di punto in bianco, le decine di migliaia di dipendenti provinciali debbano restare senza lavoro. Ma gli amministratori, perché no? Gliel'ha forse ordinato il medico? Eliminare un livello di intermediazione favorirebbe senz'altro l'efficienza complessiva della P.A. Sfido chiunque a dimostrare il contrario. Lo stridio di specchi si sente nitido ogni volta che si buttan lì delle giustificazioni per non smantellare (insieme, ovviamente, alle centinaia di altri enti intermedi che più piccoli sono e più costano) le amministrazioni provinciali superflue. Attenzione, tuttavia, a non buttar via, con l'acqua sporca, anche il bambino. Nelle fresche dichiarazioni del Ministro per gli Affari regionali che, sulla questione invita a guardare pilatescamente altrove, sbuca (innocente?) una nuova e sorprendente vittima sacrificale: gli ATO (Ambiti Territoriali Ottimali). Questi organismi deputati a gestire il gran business dell'acqua e dello smaltimento rifiuti non hanno una storia molto lunga. Eppure sarebbero già in età da ospizio. E così, a quanto pare, il Codice dell'Ambiente, che attorno agli ATO ha costruito tutta l'impalcatura del nuovo servizio idrico e della tariffa per la gestione dei rifiuti. In un emendamento alla Finanziaria 2008, starebbe già scritta la parola fine alla breve commedia. Pare siano troppi e, certo, 222 ambiti forse tanto ottimali non sono. Però un conto è redistribuire competenze (come accadrebbe eliminando le province), un altro travasarle improvvisamente in un recipiente senza fondo. Dove sta il trucco, allora. Nel fatto, credo, che gli stessi ATO sono collegati a filo doppio con le amministrazioni provinciali le quali finirebbero per assumere nuovamente un ruolo gestionale centrale. Le poche idee in materia sono ancora troppo confuse per arrivare in breve a risultati concreti ma, questo sì, la sopravvivenza della specie è garantita almeno fino alla prossima glaciazione.

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