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venerdì 26 ottobre 2007

Anni ruggenti

Non so se ci avete fatto caso, ma quando si esprime, la Funzione pubblica lo fa come un elefante in cristalleria, usando tutte le accortezze possibili pur di non provocare disastri o, peggio, reazioni scomposte da parte del pubblico al quale si rivolge. Certo, un atteggiamento così guardingo (riscontrabile, se ne avete la pazienza, nell'intera produzione interpretativa del Dipartimento) partorisce documenti normalmente noiosi, la cui lettura si affronta mediamente con scarso piacere, consapevoli che, alla fine, avremo pure appreso qualcosa in più, ma senza fremiti o emozioni di contorno. Nonostante questa minore passionalità, però, credo non si possa proprio sottovalutare la capacità del Dipartimento di chiarire (al contrario di qualche altra vecchia conoscenza, molto meno accorta e dunque decisamente più pericolosa) la portata delle norme giuridiche di riferimento, senza urlare, pacatamente, ma con autorevole fermezza. L'ultimo esempio è quello della stabilizzazione dei precari nella P.A. alla quale la Funzione pubblica ha dedicato, dopo l'entrata in vigore del comma 519 dell'ultima Finanziaria, una importante direttiva e qualche parere a corollario. Non più tardi di due settimane fa, l'UPPA (il braccio operativo del Dipartimento) ha ribadito che le stabilizzazioni possono essere effettuate anche a riguardo di dipendenti che abbiano maturato i tre anni di servizio presso amministrazioni diverse. Questa posizione era stata certificata una prima volta nella direttiva che Nicolais dedicò alla questione nella scorsa primavera, fissando anche un ordine di priorità: "Saranno stabilizzati in primo luogo i dipendenti che hanno maturato il requisito dei tre anni di servizio nella medesima amministrazione. In secondo luogo si procederà per coloro che abbiano raggiunto il predetto requisito presso diverse amministrazioni." Niente di rivoluzionario, intendiamoci. La norma aveva le maglie abbastanza larghe per consentire questo spazio di movimento, perfettamente coerente con lo spirito accomodante che da una disposizione di questo tipo, naturalmente, risulta. Peraltro, farei notare due cose. Innanzitutto, la direttiva citata non si rivolgeva direttamente anche agli enti locali, i quali infatti non apparivano tra i destinatari in indirizzo. Ciò però non ha impedito all'UPPA di rassicurare il comune che chiedeva lumi affermando che, con quella direttiva, il ministero: "comunque, formula dei principi orientativi in materia di stabilizzazione del personale che codesto ente potrà, nel rispetto della propria autonomia, decidere di mutuare (...)". In questo modo, da un lato, si rispettano i confini del proprio mandato d'ufficio (non dire più di quello che le norme giuridiche statuiscono), dall'altro, si evita la pessima abitudine di ergere muri burocratici laddove, invece, se ne può ragionevolmente fare a meno. Secondariamente, con documenti redatti in questo auspicabile modo, si offre al mondo delle autonomie un'immagine di coerenza e di rispetto dei ruoli che sono elementi indispensabili per una limpida ed efficiente P.A. e che, purtroppo, troppo spesso sono messi in un cantuccio da chi, al contrario, pretende di decidere pur non avendone la potestà.

2 Comments:

Anonimo said...

così facendo però si finisce con l'aprire alla stabilizzazione anche di chi precario non lo è mai stato, ben potebdo un individuo aver svolto diversi lavori presso diverse PA senza dover a tutti i costi essere assunto a vita. che ne pensi?

Massimo Monteverdi said...

In generale, l'intento della norma non mi sembra perverso: se per tre anni complessivamente un soggetto ha prestato servizio in più comuni nello stesso settore e l'ultimo ente nel quale si trova a lavorare ha bisogno di personale con quelle caratteristiche, perché non offrirgli una chance, al pari di coloro che hanno lavorato saltuariamente nello stesso ente? D'altronde, non vedo molte amministrazioni pronte a regolarizzare frotte di precari o psuedo tali. Anche perché, se sono sotto i 5.000 abitanti, vale il rapporto una cessazione/una assunzione, quindi le maglie restano piuttosto strette.