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giovedì 20 settembre 2007

Zona retrocessione

Il duro lavoro delle società di rating, questi fulminanti agenti del controspionaggio finanziario che decidono della qualità del debito di enti pubblici e privati per conto del sistema bancario internazionale, si fa ancora più arduo oggi, per colpa dell'ICI. Senza la minima preoccupazione che ciò possa rappresentare uno scherzo da Ognissanti con un mese abbondante di anticipo, le tre principali aziende del settore hanno fatto sapere che la valutazione dell'affidabilità degli enti locali sotto il profilo finanziario potrà subire più di uno scossone, quando il Governo avrà finalmente scelto che fare degli sgravi promessi da mesi e perennemente sospesi in un limbo fiscale senza redenzione. Le opzioni per la suddivisione della torta sono tuttora numerose: l’originaria proposta di sostituire con agile mano il minor gettito d’imposta con un maggior trasferimento di risorse erariali è stata affiancata nelle ultime settimane dalla iniziativa ANCI (ma ce n’eravamo fatti promotori prima noi, su queste pagine, in tempi non sospetti) di dedurre dall’IRPEF l’ICI versata sull’abitazione principale. Poiché quest’ultima strada è stata considerata tecnicamente troppo complessa dai funzionari del Ministero, mentre la prima ha subito un’ondata di impopolarità a tutti i livelli e a tutte le latitudini, il menù si arricchisce di una proposta ‘nouvelle cuisine’ che contempla un miscuglio di maggiori trasferimenti, compartecipazione modulare all’IRPEF e maggiore detrazione sulla casa di abitazione. Di tutta questa discussione i soloni di Standards & Poor, Moody’s e Fitch non sanno che farsene. “Resta da vedere se la riduzione di questa imposta comunale sarà accompagnata da trasferimenti diretti dello Stato o da altre forme di compensazione”, tuonano da lassù, bocciando senza appello qualsiasi movimento sismico provenga dal tavolo delle trattative. I signori della tripla A, insomma, fanno intendere che le grandi manovre per alleggerire il peso dell’imposta sull’abitazione principale non possono che essere un gioco a somma (perlomeno) zero per i comuni, se questi ultimi aspirano a mantenere immacolata la propria pagella. Sembrerebbe uno spot a favore di Domenici & C., che certo non sono disposti a regalare quote di disponibilità finanziarie già cronicamente scarse. Invece è un vero e proprio monito a non giocare con il fuoco sacro dell’indebitamento. Meno risorse oggi, significano meno affidabilità dei bilanci domani e la pioggia di contante che cade sui municipi potrebbe lasciare spazio all’arido deserto del default. E’ una preoccupazione che, in linea generale, può anche avere effetti benefici su certe teste calde di amministratori inclini a cedere alle tentazioni di spesa più bizzarre. A patto che sia gestita in modo meno isterico. Perché le società che oggi agitano il ditino ammonitore di fronte a uno scenario ancora in via di definizione sono le stesse che non alzano la voce (neppure a posteriori) di fronte all’esplosione del fenomeno dei derivati. I quali rappresentano un fattore di rischio molto più realistico dell’esposizione prodotta da un prestito obbligazionario. Resta da capire cosa ci sarebbe oggi di diverso nella distribuzione degli sgravi tributari locali rispetto a ogni altro movimento sui trasferimenti operato in tutte le sante finanziarie approvate negli ultimi anni. Quando il legislatore propone (anzì, impone) una limata (ad esempio) alla base di calcolo del Fondo ordinario (calcolato con metodi così complessi che nessuno si azzarda a metterli in discussione: li si prende per buoni a capo chino e nessuna protesta) non c'è censore che abbia mai paventato una A in meno da attribuire a questa o quella emissione di bond comunali. Eppure, in questo caso, che rappresenta lo standard annuale proprio da quando è stata introdotta l’ICI (quattordici lunghe primavere fa), le risorse nette a favore dei Comuni diminuiscono senza possibilità di contropartite dirette da parte dell’Erario. Cos’è, allora, che fa scattare la molla del declassamento? Parrebbe più una questione umorale che sostanziale. Anche perché non si vede per quale scriteriato motivo gli sgravi ICI (in qualsiasi forma saranno approvati) dovrebbero essere a carico degli enti locali. Rischiamo, così, di trovarci tra capo e collo un nuovo livello di controllo di bilancio che ha l’unico scopo di rassicurare un sistema bancario altrimenti occupato a tappare le falle della propria scarsa oculatezza. Anche su questo punto dovrebbero insistere tutte le associazioni di categoria. Perché una cosa è collaborare con la Corte dei conti per chiarire possibili situazioni critiche in ordine alla finanza pubblica, un’altra è subire le bocciature a capocchia di chi, probabilmente, non ha cura altro che dei cordoni della propria borsa.

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