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mercoledì 26 settembre 2007

I picconatori

La stagione venatoria di ANCI (almeno della sezione lombarda) prosegue con la caccia a una nuova preda: il contributo a parziale ristoro dell’IVA sui servizi esternalizzati. Da quando è stato introdotto, con la Finanziaria per il 2000, il fondo alimentato dall’IVA incamerata dall’erario sui servizi non commerciali esternalizzati dagli enti locali ha rappresentato un corretto strumento di riequilibrio di una patente iniquità.
Infatti, per i comuni, l’IVA esposta nelle fatture passive per le prestazioni dei servizi in questione rappresenta un costo vivo e l’unica possibilità concessa agli enti di recuperare il maggior onere è inevitabilmente rappresentata da un inasprimento delle tariffe dei servizi stessi. Come ricordato da ANCI, è lo stesso art. 6, c. 3, L. 488/1999 che assegna al fondo il compito di contenere le tariffe. Dal punto di vista strettamente operativo, per i comuni è sempre stato piuttosto semplice ottenere una fetta della torta, inviando una certificazione annuale riepilogativa di imponibili e IVA versata sul complesso dei servizi esternalizzati. All’erario non è, fino ad oggi, servito altro per ripartire le somme a disposizione. Un rapporto fiduciario in senso stretto tra enti certificanti e Stato erogante, insomma.
Poi, però, al Ministero si devono essere resi conto che, per una volta, la procedura instaurata era troppo lineare e, nell’ultima Finanziaria (art. 1, c. 711, L. 296/2006) è stata introdotta una modifica (solo apparentemente di poco conto) alla disciplina originaria, tanto che, nel testo vigente, i servizi non commerciali oggi sono solamente quelli “per i quali è previsto il pagamento di una tariffa da parte degli utenti.” Benché il servizio di gran lunga più rilevante tra quelli interessati sia certamente quello di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani (per il quale dunque è stabilita una tariffa, qualsiasi sia il sistema di gestione e che dunque non è interessato al provvedimento), è realistico ipotizzare che, per effetto di questa svolazzante aggiunta, non possano più essere certificati servizi come: illuminazione pubblica, gestione parchi e giardini, servizi scolastici non per mense e trasporti, ad esempio. Tutti servizi che, presi singolarmente, possono pure rappresentare una frazione marginale del totale, ma in blocco pesano in misura più che sensibile.
Ora, la questione non è solo quella di capire quale motivazione è sottesa a questa improvvisa esclusione che mantiene inalterato il gettito IVA dell’erario, penalizzando contemporaneamente i comuni (che in questo caso non hanno neppure l’arma delle tariffe specifiche per reagire). Sarebbe facile paventare (ciò che fa in modo non del tutto condivisibile ANCI) che la pressione fiscale del singolo ente subirà conseguentemente e obbligatoriamente un inasprimento. E’ sempre indispensabile dare un’occhiata al lato spesa, per verificare la capacità di sostenere risparmi sulla spesa corrente prima di lanciarsi in incrementi d’aliquota azzardati. In punto di diritto, tuttavia, ANCI ha perfettamente ragione.
Se tutto l’impianto legislativo nasce per normalizzare una situazione di vantaggio finora esclusivo dello Stato, riconosciuta come ingiusta da quest’ultimo, l’introduzione di eccezioni alla regola non trovano alcuna giustificazione perché si tratta in ogni caso di servizi esternalizzati e la cui imposta pagata dai comuni affluisce alle casse dello Stato. Che per alcuni di questi servizi l’ente locale non abbia previsto alcuna tariffa a carico degli utenti non rileva, perché l’effetto calmierante auspicato dalla legge funziona sia che ci si riferisca a tariffe specifiche sia che si parli di pressione fiscale in senso ampio. Purtroppo, una circolare del Viminale nello scorso luglio ha complicato ulteriormente la valutazione dell’impatto della novità normativa, attribuendo a quest’ultima un’incomprensibile valenza retroattiva, incidendo sulle richieste presentate sì nel 2007, ma riferite al triennio che si chiude con il 2006.
Tra l’altro, chi interpreta incorre in un ulteriore errore perché dichiarando la retroattività della norma non può limitarne l’efficacia all’ultima dichiarazione, ma a tutte quelle che, dal 2001, l’hanno preceduta. Attribuendo il corretto valore alle circolari (ultimamente i dicasteri tendono a stravolgere la gerarchia delle fonti con una frequenza inquietante), sostengo la tesi di ANCI e dunque la modifica introdotta dalla Finanziaria 2007, essendo efficace dal 1° gennaio 2007 e non prima, inciderà sulle certificazioni per il triennio 2005-2007, da presentare entro il prossimo marzo 2008. Se poi, le pressioni trasversali dovessero ottenere un’abrogazione dell’inciso contestato, tant mieux.

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