Too Cool for Internet Explorer

mercoledì 15 agosto 2007

Fave e piccioni

Un breve intervento di Antonino Borghi sul Lenzuolo rosa di lunedì 6 agosto (analoghi argomenti sono stati usati di recente anche da Stefano Pozzoli sulle stesse colonne) ci ricorda, con lucida sinteticità, che il problema della valutazione delle prestazioni non potrà mai risolversi senza modificarne il vizio originale: la cronica mancanza di obiettivi verificabili nella programmazione degli enti. Lo si può riscontrare ordinariamente nelle strutture piccole come in quelle grandi, senza soluzione di continuità, e denota un enorme buco organizzativo in processi regolati minuziosamente da leggi e contratti collettivi ma affatto applicati. Ciò vale per i dirigenti ma si può tranquillamente estendere anche a chi non ha responsabilità di risultato e che, in ogni caso, deve essere valutato per ottenere una quota del fondo di produttività. Siccome l'esterofilia è virus fuori moda, ricorderemo sottovoce che quanto accade, ad esempio, nei paesi anglosassoni qui non è neppure lontanamente realizzabile, eppure è l'esempio a cui fare adeguato riferimento. L'approvazione del documento analogo al nostro bilancio di previsione è l'occasione da quelle parti per fissare un rigidissimo elenco di obiettivi applicato a ciascun settore di intervento (finanziario certo, ma anche manutentivo, sociale, culturale). La rigidità (nel senso di non contrattabilità a posteriori) non è certo a scapito della chiarezza, perché questi obiettivi sono tutti, invariabilmente, misurabili. Quest'ultima caratteristica è esattamente il buco di cui si diceva prima. Fin dall'inizio, chi ha responsabilità di risultato sa che al termine dell'esercizio quello è il benchmark in base al quale sarà valutato. Poiché gli obiettivi non sono campati per aria, ma fissati sulla base di un adeguato confronto con dati nazionali e locali, non è pensabile che, chiuso l'esercizio, il dirigente possa giustificare un eventuale insuccesso con l'irraggiungibilità della meta. In questa situazione, viene quasi da chiedersi a cosa serva un nucleo di valutazione se non a certificare semplicemente l'esito finale di un anno di gestione, senza ulteriori elaborazioni. Dunque, perché negli enti italiani non è possibile adottare un sistema del genere? La risposta, secondo Borghi, sta nella poco diffusa applicazione della contabilità economica, molto più adatta a misurare (anche in corso d'anno) gli scostamenti dall'obiettivo fissato inizialmente. La premessa è l'abbandono progressivo ma inevitabile della contabilità finanziaria. Poiché non è pensabile che la contabilità degli enti locali sia gestita con un sistema diverso da quello adottato per lo Stato, resta il fortissimo sospetto che, a dispetto di ogni buona intenzione, nessuno, a livello centrale, voglia disfarsi di uno strumento che ha finora garantito il lussuoso funzionamento delle istituzioni.

0 Comments: