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lunedì 2 luglio 2007

Robinson Crusoe

Trascorsi i fatidici 180 giorni, siamo ancora in attesa di vedere attuato il comma 61 dell'ultima Finanziaria. Di contabilità economica trattava. E poiché di tutto si discute in queste tiepide settimane estive (almeno per chi geograficamente sta un po' più su di Bologna) tranne che di sistemi contabili, se ne deduce che l'interesse per la vexata quaestio è via via scemato, come gli avanzi di amministrazione utilizzabili dai comuni virtuosi. Il momento, invece, sarebbe propizio come non mai. Un po' perché la fronda anti-Patto si allarga come una macchia d'olio e, guarda caso, nasce da una profonda contestazione del sistema adottato per determinare il rispetto o meno dei parametri europei, fondato su uno strano miscuglio di saldi di competenza e di cassa, sempre in ottica finanziaria. Un po' perché proprio nei giorni scorsi abbiamo consegnato ai Consigli i documenti per approvare il rendiconto e, tra questi, abbiamo dovuto infilare quei tre fantasmi della contabilità analitica che rispondono al nome di: prospetto di conciliazione, conto economico e stato patrimoniale. Non perché non siano compilati correttamente: se il software gestionale è appena discreto, li predispone tutti in automatico e a noi resta il solo compito di aggiustare il tiro se qualche impegno o accertamento è stato imputato all'esercizio giusto. Sono ectoplasmi, però, perché una volta pronti già non servono più a niente. Li possiamo tranquillamente archiviare nel faldone giusto e attendere il prossimo esercizio per ricominciare la trafila. Salvo poche benedette eccezioni, la contabilità economica non la gestisce nessuno. Perché nessuno ci obbliga a farlo, d'accordo. Ma anche perché dovremmo seguire due sistemi in contemporanea, anziché uno. Un raddoppio per cui nessuno sente titillare la papilla. Dunque, l'indicazione delle "modalità per introdurre in tutte le amministrazioni pubbliche criteri di contabilità economica." prevista per la fine del primo semestre sarebbe dovuto essere il primo assaggio di regole condivise e cogenti per tutti, benché largamente al di sotto delle reali necessità. Dubito, ora che la scadenza è alle nostre spalle e del provvedimento non vi è neppure l'ombra, che ci sia davvero il desiderio di giungere lì dove nessuno è finora sbarcato. L'isola della partita doppia, per il momento, è abitata solo da pochi naufraghi. L'impressione è che rimarrà spopolata ancora per un pezzo.

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