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giovedì 26 luglio 2007

La botte piena

Un recente parere della sezione ligure della Corte dei conti funge da spunto per mettere in evidenza un atteggiamento abbastanza frequente tra gli Amministratori degli enti locali: potremmo definirlo 'sindrome della botte piena'. Il caso trattato è quello di un Comune che, avendo trasferito all'Ambito Territoriale Omogeneo competente la gestione del servizio idrico integrato, con mantenimento della proprietà degli impianti, si chiede come mai le quote interessi e capitale dei mutui contratti con la Cassa DD.PP. per la manutenzione straordinaria della rete, rimborsate secondo la convenzione dalla società che gestisce ora il servizio, debbano essere considerate debito per il Comune, andando così ad incidere sulla percentuale teorica di indebitamento. A parte il fatto che queste richieste di parere devono sempre pervenire dal capo dell'amministrazione per poter essere considerate ammissibili, e che dunque non sappiamo se il dubbio è davvero sorto in capo al Sindaco oppure è lo stesso ufficio finanziario ad averlo manifestato per via indiretta, fatico a credere che proprio la struttura tecnica possa aver proposto un quesito di questa natura, articolato in questo modo, senza intuire che la risposta della Corte non poteva che essere negativa. Dalla sezione regionale, infatti, arriva un chiaro rifiuto dell'ipotesi che il mutuo contratto dall'ente possa essere escluso dalla massa dei debiti a lungo termine per il solo fatto che, a sollievo totale dell'onere di ammortamento, un terzo soggetto gli versi le somme a titolo di contributo. Sul punto, in sintesi, la Corte argomenta sulla base di principi acclarati: i mutui contratti da un ente locale rappresentano comunque nuovo indebitamento; l'ente che si accolla l'onere di coprire le rate di ammortamento, infatti, non ha partecipato al negozio giuridico originario con l'ente mutuante, perciò non è in alcun modo debitore verso quest'ultimo: "Dal punto di vista giuridico, infatti, tale accordo configura un accollo interno, in base al quale il debitore originario conviene con il terzo di assumere, in senso puramente economico, il peso del debito, senza tuttavia attribuire alcun diritto al creditore e senza modificare l’originaria obbligazione, sicché il terzo assolve il proprio obbligo di tenere indenne il debitore o adempiendo direttamente in veste di terzo, o apprestando in anticipo al debitore i mezzi occorrenti, ovvero rimborsando le somme pagate al debitore che ha adempiuto". La Corte però fa anche rilevare che questa considerazione si poteva tranquillamente ricavare dagli atti già in possesso dell'ente, come la convenzione tra Comune e A.T.O. che infatti dispone che "il gestore assume a proprio carico il rimborso delle annualità dei mutui contratti dagli Enti locali per finanziare gli investimenti dei beni strumentali al servizio, fino ad integrale estinzione degli stessi". Insomma, afferma indirettamente la Corte, la richiesta è del tutto ridondante anche perché "i concessionari non effettuano i pagamenti nei confronti della Cassa DD.PP., bensì in favore dell’Ente locale." Vien da pensare allora che chiedere alla Corte di avallare posizioni così traballanti rientra nell'atavica diffidenza dell'amministratore locale medio verso quelle regole che, poiché sono chiare e non interpretabili, assumono la veste di impacci alle decisioni più strambe. Diffidenza che si esprime dapprima con un rifiuto dell'evidenza ("Impossibile!"), al quale segue di solito l'intimazione al funzionario di porre immediatamente la questione alle autorità competenti, che senz'altro smentiranno i tecnici del Comune. E invece....

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