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martedì 19 giugno 2007

Rose nel deserto

A coloro i quali sono ancora convinti che 'pubblico' è bello, il Ministero dell'Economia e delle Finanze provvede a recapitare una nuova amara missiva. Con la messa a disposizione dei dati relativi alle scelte sulla destinazione del 5 per mille dell'IRPEF 2005 (effettuate con le dichiarazioni dello scorso anno) è possibile finalmente verificare quanti hanno dato fiducia al proprio Comune e quanti, invece, hanno preferito il più sicuro approdo di ONLUS e enti di ricerca di rilevanza nazionale. Prendo ad esempio di questa rapida analisi l'elenco dei comuni della mia provincia (inviato con solerzia dal presidente della corrispondente associazione di enti), per un totale di circa 740.000 contribuenti, i quali hanno espresso nel 9,72% dei casi l'intenzione di assegnare al Comune di residenza fiscale la quota IRPEF per finalità sociali. Questa percentuale sale al 12,6% se, più correttamente, si prendono in considerazione esclusivamente i contribuenti per i quali risulta un debito netto d'imposta. Di fatto, dunque, solo un cittadino su dieci o poco più ritiene che la struttura amministrativa del proprio comune sia meritevole di essere incoraggiata nella realizzazione concreta di politiche sociali sul territorio. E' giusto peraltro fare alcuni distinguo, per non eccedere nel pessimismo e riportare la discussione su un piano oggettivo. Innanzitutto, la potenza di fuoco delle più importanti associazioni, che da molti anni acquistano spazi pubblicitari su media televisivi e della carta stampata e che hanno inoltre sviluppato un intenso mailing con i propri associati e con i contributori occasionali, non è paragonabile con quella a disposizione dei Comuni, che possono al più contare sull'efficacia del passa-parola ma non hanno alle spalle un brand (perché ormai anche di questo si tratta) noto e riconosciuto. E d'altra parte, quando il rapporto tra cittadino e servizi municipali si riduce alla consegna delle cartelle esattoriali della tassa rifiuti oppure agli avvisi di accertamento ICI, ben difficilmente può nascere la necessaria scintilla fiduciaria che convince il contribuente a mettere la propria firma nella casella dedicata. Inoltre, non è stato lasciato tempo sufficiente agli uffici per studiare un piano di comunicazione efficace e, in conclusione, l'improvvisazione ha fatto premio su tutto il resto, buona volontà compresa. Lo stesso Parlamento poi deve avere subodorato aria di disaffezione se, già dal 2007, i Comuni sono stati esclusi dalla partita. Paradossalmente, chi leggesse questo elenco con un briciolo di distacco potrebbe osservare che, a dispetto di organici consistenti e risorse più ampie, i Comuni di maggiori dimensioni sono quelli i cui cittadini, purtroppo, si fidano di meno dell'organizzazione municipale (dal 3 al 6 per cento hanno firmato, contro la percentuale doppia della generalità dei comuni). Un dato significativo che, da un lato, fa balenare l'idea che il distacco tra 'palazzo' e comune cittadino sia elevato anche quando il 'palazzo' è rappresentato dall'istituzione teoricamente più prossima; dall'altro, conferma che l'Italia è il Paese del campanile, dove le realtà demograficamente ridotte (maggioranza stragrande) dettano i trend più significativi, segnando la prevalenza del vicinato, possibilmente senza mediazioni.

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