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mercoledì 13 giugno 2007

Palla al balzo

In Italia, gli stadi di calcio sono come luoghi di culto. Non solo nel senso che, spesso, la propria squadra del cuore è oggetto di adorazione religiosa, assimilandola a pratica di fede. E' infatti probabile che da un censimento parallelo chiese-stadi emerga un sostanziale pareggio se non un due in schedina. Con la differenza che la manutenzione delle prime è affidata al buon cuore dei praticanti, mentre quella dei secondi non ha mai avuto un padre solo. Poiché gli impianti sportivi sono per lo più di proprietà dell'ente locale, i problemi sono correttamente (anche da un punto di vista strettamente giuridico) girati a quest'ultimo. Le società che di quegli impianti fanno buon uso nei vari campionati ne raccolgono i frutti attraverso i non lauti incassi del fine settimana. Quando si sale di categoria, però, questa equivalenza dal sapore campanilistico perde progressivamente di valore. L'aumento dei tifosi si accompagna ad un peggioramento del loro tasso di civiltà medio. Superfluo ricordare quanto accaduto nei mesi scorsi, a proposito di violenza e sport. L'inasprimento delle misure di sicurezza determina un incremento sostanzioso delle spese per migliorare l'infrastruttura. Ma chi ne deve sopportare l'onere finale? Ora, un'ordinanza del TAR Friuli si pone decisamente dalla parte delle società di calcio e stabilisce che debbano essere i Comuni (in quanto proprietari dell'impianto) a sostenere le spese per tornelli, apparecchi di videosorveglianza, metal-detector ecc. Siamo sempre nell'ambito delle intepretazioni, corroborate stavolta da un'autorevolezza difficilmente opinabile in una sede che non sia quella giurisdizionale. Certo è che un'espressione del decreto n. 8/2007 (all'adeguamento "possono provvedere" le società utilizzatrici l'impianto) è sufficiente al giudice amministrativo per attribuire agli enti proprietari l'intero onere, come in un contratto di locazione qualsiasi. E pensare che nel decreto è esplicitamente indicato il divieto di aggravare la finanza pubblica a causa di questi straordinari interventi. Trattasi di trovare un accordo sulla definizione più adeguata di "finanza pubblica". La vertenza non è ancora conclusa, peraltro; e non si possono escludere nuove pronunce che ribaltino la decisione friulana. Il consiglio è dunque quello di mettere mano al più presto alle convenzioni con le società interessate e tutelare le casse comunali. Altrimenti, alla prossima retrocessione, la giunta rischia grosso.

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