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giovedì 28 giugno 2007

Avanzi

Il finale di partita è proprio da ridere, se non ci fosse da piangere. Il totale degli avanzi di amministrazione accumulati dai Comuni soggetti al Patto di stabilità (e non applicati, proprio per il vincolo che da quest'ultimo deriva) ammonta a circa 4,5 miliardi di euro. L'ANCI ha chiesto, a più riprese, di sbloccarne almeno il 10%, quest'anno: cifra più che ragionevole e appena necessaria a realizzare qualche progetto minore di investimento. Anche l'Assemblea nazionale di Bari sarebbe dovuta servire a trovare finalmente il bandolo della matassa e dare almeno un segnale di opportunità. Oggi il Consiglio dei Ministri ha deliberato: "Art. 2 (Utilizzo quota avanzo di amministrazione) 1. Non sono computate tra le spese rilevanti ai fini del patto di stabilità interno relativo alle province e ai comuni che negli ultimi 3 anni hanno rispettato il patto di stabilità interno le spese di investimento finanziate nell’anno 2007 mediante l’utilizzo di una quota dell’avanzo di amministrazione. 2. Per i singoli enti locali l’esclusione delle spese di investimento è commisurata all’avanzo di amministrazione accertato al 31 dicembre 2005 e determinata: a) nella misura del 7,6% per le province la cui media triennale del periodo 2003-2005 dei saldi di cassa, come definita dall’articolo 1, comma 680, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, risulta positiva. Per le restanti province la misura è dell’1,4%; b) nella misura del 7,0% per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti la cui media triennale del periodo 2003-2005 dei saldi di cassa, come definita dall’articolo 1, comma 680, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, risulta positiva. Per i restanti comuni la misura è dell’1,3%." Per destinare a spese di investimento € 50.000,00 è quindi necessario, se non si è virtuosi, aver accumulato avanzi per 3,8 milioni di euro. I comuni più ligi alla lettera delle disposizioni sul Patto avranno invece una disponibilità addirittura del 7,0% del risultato del rendiconto al 31 dicembre 2005. E' il massimo delle concessioni e il minimo della serietà, perché la rigidità con la quale si applica il Patto non è senza conseguenze. Violare il Patto ora, esporrebbe gli enti all'applicazione della sanzione dell'incremento forzoso dell'Addizionale IRPEF. L'impopolarità della misura esclude che le Amministrazioni, scientemente, la adottino. Se lo facessero, produrrebbero inoltre nuovo avanzo, peggiorando la situazione. Se rispettassero le regole, invece, non la migliorerebbero, perché gli avanzi rimarrebbero quasi intatti. La situazione è paradossale. E sentire ancora nei giorni scorsi illustri economisti sostenere che il vero problema del debito pubblico sono gli enti locali, aggiunge danno alla beffa. Gli enti non possono indebitarsi. Le risorse accumulate sono proprie. Non si comprende, così, l'insistenza nel produrre norme che vincolano solo la parte più facilmente vincolabile. In tutto il dibattito sui costi della politica, nessuno ha mai fatto cenno alla vera virtuosità degli enti: non quella tutta artificiale del Patto, ma quella di chi ha amministrato correttamente e, non per sua scelta, non ne può godere i frutti (compresa la comunità amministrata).

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