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giovedì 14 giugno 2007

Amarcord

Le soluzioni legislative favorevoli al contribuente sono sempre benvenute. Troppe volte ci sentiamo dire che, anche a livello locale, il rapporto tributario tra pubblica amministrazione e cittadino è, a essere estremamente ottimisti, difficile. D'altra parte, gli amministratori, quando possono, si muovono all'interno di regole fissate da norme di legge che offrono esplicitamente una certa elasticità. Soprattutto l'ICI è stata, in questi anni, croce e delizia di coloro che, destreggiandosi tra aliquote agevolate, detrazioni concesse a soggetti in condizioni particolari e il resto dell'armamentario a disposizione, dovevano versare il tributo sbagliando il meno possibile. Mi rendo conto che non poche maledizioni sono partite all'indirizzo di questo o quel Sindaco, soprattutto da parte di consulenti e studi commerciali per conto di clienti residenti in comuni diversi. E' però vero che, almeno nella maggior parte dei casi, si è sempre trattato di ridurre il carico fiscale nei confronti di percettori di redditi bassi oppure svantaggiati per ragioni diverse ma egualmente plausibili e meritevoli di attenzione. Ora, però, nasce una nuova forma di autonomia fiscale. Il Comune di Rimini ha infatti deciso, con decisione ovviamente autonoma, di prorogare al 30 giugno 2007 la scadenza della prima rata ICI (prevista da quest'anno al 16 giugno, spostata al 18 giugno, primo giorno non festivo utile). La motivazione è cosa già sentita: "Il provvedimento di proroga, che accoglie le richieste pervenute da cittadini, Caaf e associazioni di categoria, ha lo scopo di agevolare i contribuenti che, per la prima volta dal 1992, si trovano di fronte a nuovi termini di pagamento dell’ICI. Nell’ultimo periodo, infatti, nell’ambito di un programma d’uniformità degli adempimenti fiscali il legislatore ha introdotto una serie di novità tali da costituire un panorama piuttosto complesso e comunque inedito. La prima rata dell’ICI, pari al 50% dell’imposta dovuta per l’anno in corso (come per il pagamento in un’unica soluzione), (...)." C'è già chi plaude in modo incondizionato all'iniziativa (v. Commercialista Telematico, il quale auspica un'adesione spontanea di altri comuni all'anarchica proroga). Non mi sembra, tuttavia, il caso di esultare. Chi ha autorizzato il Comune a rinviare una scadenza di legge? Questa brezza autonomista potrebbe anche essere vista come tentativo di esasperare il rapporto con il governo centrale, perché giunga a conclusione il lungo tira e molla sulla destinazione del Tesoretto. Senza nascondersi dietro un dito, la bella pensata ha invece tutta l'aria di essere una forzatura bella e buona. Non è legittima, perché per poter spostare la scadenza è necessario un provvedimento di pari grado. Non è coerente con la normativa nazionale, perché la nuova scadenza fissata dal decreto Bersani del luglio scorso è stata introdotta per parificarla a quella del saldo IRPEF, tenuto conto della facoltà generalizzata di utilizzare il modello F24 per versare l'ICI. E' invece ipocrita, perché il Comune avrebbe potuto ottenere lo stesso effetto conciliatore senza violare la legge ma assumendosi interamente la responsabilità di non applicare sanzioni a coloro che, nei termini del ravvedimento operoso breve, avessero versato dopo la scadenza. Infine, la motivazione è il consueto disco rotto suonato da coloro che, a circa un anno di distanza, si sono improvvisamente accorti che non riescono a fare i conti a tempo. Il paradosso è che non servirebbe neppure lasciare ai comuni la facoltà di determinare autonomamente le scadenze di pagamento, perché sono convinto che, anche in quel caso, la pressione per una proroga spunterebbe al momento opportuno.

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