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sabato 12 maggio 2007

La corrente degli investimenti

Cosa vuol dire esattamente: "I consiglieri comunali, per realizzare la «buona fede» prevista dalla legge 20/1994 (articolo 1, comma 1-ter) devono dimostrare di aver agito in prima persona per acquisire tutti gli elementi necessari a una valutazione consapevole della spesa oggetto della delibera."? Lo stridio giunge forte alle orecchie dopo aver appreso che la sezione Umbria della Corte dei conti ha ritenuto improcedibile una richiesta di risarcimento per danno erariale derivante dall'emissione da parte del Comune di Terni di BOC per finanziare spese correnti. Chi ha votato le deliberazioni non sarà chiamato a risponderne per mere ragioni procedurali, a quanto sembra, ma il ragionamento che la Corte si impegna comunque a concludere soddisfa solo parzialmente la sete di chiarezza che alberga nella pubblica amministrazione. Come rilevato dal Lenzuolo rosa: "I magistrati contabili sottolineano che la decisione di finanziare con debito spese correnti «si caratterizza come ipotesi di illecito in cui rileva la colpa grave». La colpa, secondo la sezione umbra, non nasce con l'adozione della delibera ma con la sua esecuzione, e soprattutto va misurata in termini inversamente proporzionali «allo sforzo di diligenza impiegato dall'amministratore che vota la delibera per conoscere la natura della spesa da finanziare»." Siccome l'importo complessivo dei buoni emessi per finanziare spese correnti è di 34 milioni di euro e le emissioni si sono verificate in un arco temporale triennale, chi avrà mai l'impudenza di sostenere che può dimostrare la propria buona fede. Anche perché si tratterebbe di provare oltre ogni ragionevole dubbio che, a ogni proposta di emissione, i consiglieri si prodigavano in lunghe e dotte dissertazioni sulla natura pluriennale di una spesa, per giustificare soprattutto a loro stessi che stavano mettendo in atto un meccanismo economicamente coerente e non un'immane castroneria. Piuttosto, si intravede un gigantesco concorso di colpa, che coinvolge i tecnici che, a quanto pare, hanno sempre dato parere favorevole all'adozione di quelle deliberazioni, i revisori, che brillano per assenza proprio quando ne viene esaltato il ruolo centrale nel controllo sugli enti, e gli istituti di credito che hanno concretamente messo sul mercato le obbligazioni, a ulteriore dimostrazione che pecunia non olet, figuriamoci quando è così abbondante.

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