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giovedì 26 aprile 2007

L'anima del commercio

Una volta tanto, lasciamo la voce al Ministero. Stavolta si occupa del contributo erariale a parziale rimborso dell'IVA pagata dai comuni sui servizi non commerciali, costo puro senza rivalsa. L'intervento è apparso sul numero di oggi di FiscoOggi.it. "L’articolo 6, comma 3, della legge 23 dicembre 1999, n. 488 - e il successivo regolamento attuativo (Dpr 8 gennaio 2001, n. 33) - ha previsto l’istituzione presso il ministero dell’Interno di un Fondo alimentato dalle entrate erariali derivanti dall’assoggettamento all’imposta sul valore aggiunto delle prestazioni di servizi non commerciali affidate dagli enti territoriali a soggetti esterni all’amministrazione.L’articolo 1, comma 711, della legge n. 296/2006 (Finanziaria 2007), introducendo all’articolo 6, comma 3, della legge 488/1999, dopo le parole “servizi non commerciali” le parole “per i quali è previsto il pagamento di una tariffa da parte degli utenti”, ha precisato che il rimborso Iva spetta agli enti locali per i soli affidamenti effettuati a soggetti terzi relativi a servizi resi nei confronti di utenti che pagano una tariffa.E’ bene quindi precisare che il Fondo in questione ha come scopo principale quello di consentire all’ente locale il recupero dell’Iva indetraibile dovuta per l’affidamento a soggetti terzi di servizi che, se svolti direttamente dall’ente, avrebbero natura non commerciale e quindi sarebbero esclusi o esenti ai fini dell’Iva.Si reputa che dall’ambito applicativo restano esclusi i servizi dati in concessione e resi direttamente dal soggetto terzo con assunzione in proprio del relativo rischio economico.Per comprendere appieno l’opportunità della particolare forma di rimborso disposta dallo Stato, occorre avere riguardo alla peculiare applicazione dell’Iva alle attività poste in essere dagli enti locali, che non sono considerati soggetti passivi d’imposta quando svolgono un’attività istituzionale con il regime giuridico proprio dell’ente, divenendolo solo allorquando pongono in essere, pur mantenendo la loro veste di ente pubblico, rapporti abituali di natura commerciale con organizzazione di mezzi e risorse.Al riguardo, risulta utile evidenziare che i servizi aventi natura commerciale anche se resi da un ente pubblico, si ricavano dall’elenco tassativo indicato nell’articolo 4, comma 5, del Dpr n. 633/1972. Va da sé che svolge attività commerciale l’ente locale che fornisce in proprio, ad esempio, il servizio di erogazione dell’acqua, con conseguente possibilità di detrazione dell’Iva sostenuta per rivalsa sugli acquisti effettuati, ai sensi dell’articolo 19 del richiamato Dpr 633/1972. In tale fattispecie appare evidente che l’ente locale non può attingere al Fondo di cui all’articolo 6, comma 3, della legge 488/1999.Altresì va considerato che un servizio non commerciale direttamente reso dall’ente locale diventa commerciale laddove viene affidato a una società ovvero a un ente avente per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, sul presupposto che tali soggetti hanno una personalità giuridica diversa e autonoma rispetto a quella dell’ente e come tale costituiscono soggetti autonomi d’imposta per i quali si rendono applicabile l’articolo 4, comma 2, n. 1), del Dpr 633/1972, in base al quale, tra l’altro, si considerano effettuate, "in ogni caso,” nell’esercizio di imprese "le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte dalle società in nome collettivo e in accomandita semplice, dalle società per azioni ... ;".Per quanto concerne, invece, la possibilità, da parte dell’ente locale di esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta assolta per rivalsa all’atto dell’acquisizione del servizio regolarmente fatturato dal soggetto affidatario, si ritiene utile precisare che l’articolo 19, commi 1 e 2, del Dpr 633/1972, prevedono, tra l’altro, rispettivamente che "Per la determinazione dell'imposta dovuta a norma del primo comma dell'art. 17 o dell'eccedenza di cui al secondo comma dell'art. 30, è detraibile dall'ammontare dell'imposta relativa alle operazioni effettuate, quello dell'imposta assolta o dovuta dal soggetto passivo o a lui addebitata a titolo di rivalsa in relazione ai beni ed ai servizi importati o acquistati nell'esercizio dell'impresa, arte o professione...."; "Non è detraibile l'imposta relativa all'acquisto o all'importazione di beni e servizi afferenti operazioni esenti o comunque non soggette all'imposta, ....Inoltre, l’articolo 19-ter del Dpr 633/1972 pone la limitazione alla detrazione dell’Iva per gli enti locali per i soli acquisti fatti nell’esercizio di attività commerciale e a condizione che l’attività commerciale sia gestita con apposita contabilità separata.Pertanto, in base a dette disposizioni, l’ente locale non può portare in detrazione l’Iva sostenuta per rivalsa nei confronti del soggetto affidatario in quanto lo stesso ente deve considerarsi, alla stregua dei consumatori finali, un soggetto inciso dell’Iva e non invece un soggetto passivo, ai sensi dell’articolo 17 del Dpr 633/1972; invero, in virtù del contratto di affidamento stipulato con il soggetto terzo, l’ente locale non viene a esercitare alcuna attività imponibile, ma rappresenta un semplice committente (si veda la risoluzione n. 278/E del 2002).L’articolo 2, comma 3, del Dpr 33/2001 limita il campo di applicazione del beneficio ai contratti, stipulati a titolo oneroso, aventi a oggetto i servizi non commerciali, intendendosi per tali quelli che, assoggettabili all’imposta sul valore aggiunto, “ove prestati dagli enti locali sarebbero considerati esenti ovvero non rientrerebbero nel campo di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto”, escludendo esplicitamente “i servizi relativi al trasporto pubblico locale”.La norma contenuta nell’articolo 6 della legge 488/1999 trova applicazione anche con riferimento alle attività che la disciplina Iva considera esenti dall’imposta (dettagliatamente elencate nell’articolo 10 del Dpr 633/72) e che – per effetto di siffatta esenzione – precludono all’ente locale (o, comunque, al soggetto passivo) la detrazione dei costi sostenuti a monte per lo svolgimento del servizio.In questo caso, il trattamento fiscale ai fini dell’Iva è uguale sia che l’attività venga svolta direttamente dall’ente, sia che venga affidata in concessione a terzi: tuttavia, la ratio della disposizione di favore contenuta nell’articolo 6, comma 3, della legge 488/1999 si fonda sulla circostanza che, mentre l’ente locale resta inciso dall’imposta, il terzo privato può “recuperare” tale costo ai fini delle imposte sul reddito, facoltà preclusa all’ente locale, in virtù di quanto previsto dall’articolo 74 del nuovo Tuir (già articolo 88 del Dpr 917/1986) che esclude dall’imposta sul reddito gli enti pubblici territoriali.Per ottenere il rimborso della spesa sostenuta da Comuni, Province, Città metropolitane, Comunità montane, Comunità isolane, Unioni di comuni a titolo di imposta sul valore aggiunto pagata sui servizi non commerciali, esternalizzati, è stato istituito l’apposito Fondo previsto dall’articolo 6, comma 3, della legge 488/1999.Tuttavia, come detto, l’articolo 1, comma 711, della legge 296/2006 ne limita la portata, in quanto la norma chiarisce che il rimborso dell’Iva sulle attività affidate dall’ente locale in outsourcing può essere richiesto solo per quei servizi per i quali è previsto il pagamento di una tariffa a carico degli utenti.Il riferimento è sia a quei servizi di natura obbligatoria, volti al soddisfacimento di bisogni collettivi pubblici indivisibili e connessi alle esigenze collettive tassativamente indicate dalla legge (ordine pubblico, sanità, istruzione, viabilità, eccetera), sia a quei servizi di natura facoltativa, che configurano, in genere, l’esercizio del potere discrezionale dell’ente, e che abbiano natura non commerciale e per i quali gli utenti pagano una tariffa, affidati a soggetti terzi.Il presupposto è pertanto che ci sia l’affidamento di un servizio non commerciale da parte dell’ente locale, un soggetto terzo che svolge la prestazione e il pagamento di un corrispettivo sotto forma di tariffa da parte dell’utente.Rientrano, tra l’altro, in tale formulazione tutti quei servizi pubblici a domanda individuale di cui al decreto ministeriale 31 dicembre 1983, tra cui, a titolo esemplificativo, si ricordano la gestione delle case di riposo e di ricovero, la gestione degli alloggi e dei centri di prima accoglienza, la gestione degli asili nido, la gestione di convitti e colonie, le prestazioni educative e didattiche, i servizi di pompe funebri e cimiteriali, la gestione dei parcheggi fuori campo Iva e i servizi relativi a teatri, musei, pinacoteche, gallerie, mostre e spettacoli. In base alla nuova formulazione della norma, invece, non rientrano sicuramente i servizi di illuminazione pubblica, i servizi di gestione dei semafori, i servizi di global service e l’outsourcing dei servizi informatici e di gestione dei beni."

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