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martedì 20 febbraio 2007

Pochi, maledetti e subito

Numeri interessanti, benché tutt'altro che definitivi, escono da un primo esame delle deliberazioni adottate dai comuni riguardanti l'addizionale IRPEF. Interessanti perché, nonostante le preoccupazioni sollevate nelle ultime settimane (quelle dei datori di lavoro per le infinite diversificazioni di aliquote ed esenzioni, consentite dalla norma, quelle dei lavoratori per la facoltà data agli enti di elevare il prelievo fino allo 0,8%, in un colpo solo), gli incrementi delle addizionali sono stati approvati da meno di un comune su dieci. Per amore di verità, i comuni indecisi hanno ancora un mese abbondante di tempo per introdurre o elevare l'aliquota, fino cioè al 31 marzo, data ultima (ad oggi) per l'approvazione del bilancio di previsione. Resta il fatto che solo gli enti che hanno deliberato e comunicato le aliquote entro il 15 febbraio potevano beneficiare di acconti 2007 calcolati sull'addizionale tempestivamente aggiornata. In sostanza, un comune che non ha mai applicato l'addizionale o che l'ha azzerata prima o durante il blocco, se non si è affrettato, vedrà gli incassi dell'addizionale solo alla fine dell'esercizio (se va bene). Questo evidente svantaggio riduce la possibilità che da qui a fine marzo aumentino in modo significativo gli enti che introdurranno o aumenteranno l'aliquota opzionale. D'altronde, vi sono, benché pochissimi, enti che prima del 15 febbraio hanno azzerato o ridotto un'aliquota applicata in precedenza. E conviene precisare che, tra gli enti neo-impositori, vi sono anche quelli che applicano esenzioni dall'addizionale per redditi entro una certa soglia. Tutti questi esempi di virtuosità fiscale (o di limitata persecuzione, secondo i punti di vista), insieme alla mancata corsa al rialzo, dovrebbero far riflettere chi si ostina a ritenere l'addizionale comunale la dimostrazione finale della natura vessatoria delle amministrazioni. Certo, gli enti preferirebbero una compartecipazione all'IRPEF duratura e proporzionale al gettito territoriale. Ne verrebbe, tuttavia, danneggiata qualsiasi politica redistributiva e perequativa per le realtà svantaggiate. In secondo ordine, sarebbe preferibile una compartecipazione come quella che si prefigura per i prossimi anni, in percentuale fissa per ciascun ente, salvo appunto il riequilibrio anti-sperequativo. Se, insomma, ciò fosse possibile, i sindaci non chiederebbero maggiore autonomia fiscale per introdurre l'addizionale, la cui impopolarità è seconda solo all'ICI (ma solo perché gli italiani sono una nazione di proprietari della casa in cui abitano).
Nonostante la cronica carenza di risorse, il ricorso all'aliquota opzionale si è dunque rivelato moderato. E sì che il blocco durava da ormai cinque anni. Vale la pena di osservare che questo è anno elettorale per una percentuale ampiamente minoritaria degli enti locali. Il che significa che la gran parte di essi è ancora nel periodo nel quale è statisticamente più probabile che gli amministratori giochino la carta fiscale per finanziare i propri programmi elettorali. Certo non è opportuno mettere il carro definitivamente davanti ai buoi: attendiamo i primi di aprile per avere le conferme o le smentite del caso.

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