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giovedì 1 febbraio 2007

La circolare che non serve

"Vi dò la mano e pretendete il braccio." Questo deve essere passato per la mente ad Alfiero Grandi, Sottosegretario al Ministero dell'Economia e Finanze dopo aver ascoltato chi lo relazionava sulle prime applicazioni della nuova addizionale comunale all'IRPEF. La disposizione che ha sbloccato le aliquote dopo tre anni di stop ha funzionato come una pentola scoperchiata. Pare, infatti, che più di un ente (le dimensioni non contano, ma pare ci sia persino Torino) abbia inteso interpretare estensivamente (eccome!) i commi della Finanziaria dedicati al tributo. E così, invece di limitarsi a stabilire l'aliquota opzionale e la soglia di esenzione, così come previsto in modo raramente così inequivocabile dalla L. 296/2006, si sono sbizzarriti in varianti che, benché mirate ad aumentare l'equità del provvedimento, nessun legislatore si è sognato di autorizzare: aliquote diversificate rispetto a scaglioni di reddito, esenzioni per particolari categorie di contribuenti (come i lavoratori dipendenti), agevolazioni per famiglie in condizioni di disagio con presenza di anziani o disabili. Grandi ha così ribadito la lettera della norma e ha precisato: non servono interpretazioni. Per una volta, accontentatevi della chiara lettera della legge: "La norma è pacifica e non può dare luogo a fraintendimenti. Dagli atti, della camera prima e del senato poi, risulta che le opzioni in mano ai comuni sono solo due: prevedere, per così dire, un'aliquota zero, fissando una soglia di esenzione per reddito e stabilire un'aliquota ordinaria che può essere aumentata fino allo 0,8%. Punto. Al di là di queste due chance, ogni tentativo da parte dei comuni di interpretare estensivamente la norma va oltre la legge, facendo dire al comma 142 ciò che non era nelle intenzioni del legislatore." Qualcuno però paventa già un muro contro muro, dalla fragilissima consistenza giuridica, anche perché un'applicazione articolata e frammentaria dell'addizionale comunale produrrebbe quasi certamente il caos tra i datori di lavoro, costretti a elaborare retribuzioni facendo lo slalom tra molteplici scaglioni, esenzioni e agevolazioni. Il Ministero sarebbe allora costretto a emanare una circolare proprio per accontentare i recidivi. Mai interpretazione sarebbe più inutile e, per una volta, il legislatore potrebbe bacchettare a ragione gli spregiudicati amministratori. Prove generali di anarchia fiscale decentrata?

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