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mercoledì 28 febbraio 2007

Home sweet home

La favola del federalismo fiscale finalmente realizzato continua a esserci raccontata prima di andare a dormire, ogni sera. Non parliamo, ovviamente, di quello in salsa verde, che confonde il federalismo con il secessionismo e predica senza pudore la conservazione dei tributi incassati sul territorio (e chi non ne raccoglie a sufficienza, peggio per lui), producendo uno straniante effetto tipo 'socialismo in un solo paese', per chi ha ancora qualche ricordo di economia politica. Ci riferiamo invece alla versione riformista del federalismo fiscale. Quella che consegna alle autonomie locali le chiavi per gestire in modo indipendente dal centro la politica fiscale, all'interno di poche leggi-quadro che regolino i principi, lasciando agli enti la competenza di applicarli in concreto. Purtroppo, invece che agli happy ending alla Andersen, ci tocca assistere ad orrori come neppure i migliori Grimm avrebbero descritto meglio. Appare oggi su Repubblica il periodico, demagogico annuncio sull'abolizione dell'ICI sulla prima casa per decreto. Sappiamo bene perché è demagogico. D'altra parte, però, in questa forma di annuncio pubblicitario è totalmente privo di qualsiasi soluzione pratica per coprire il minor gettito subito dai Comuni. Si vorrebbe addirittura approvare un D.L. d'urgenza prima della scadenza della rata di giugno 2007. Se provvederanno per tempo, dovranno anche dirci come predisporre l'indispensabile variazione di bilancio: minore entrata contro minori spese, con buona pace della programmazione originale, oppure minore entrata contro maggiore entrata (più trasferimenti, s'intende)? E comunque, insisto, il problema, per tornare alle considerazioni iniziali, non è neppure questo. L'ICI è un tributo, per quanto dannato, la cui applicazione ha rappresentato negli ultimi quindici anni il primo vero passo per una gestione virtuosa delle entrate tributarie comunali (molto più che con l'addizionale IRPEF, semplice balzello aggiuntivo privo di aggiustamenti e regolazioni). Ora, con queste iniziative estemporanee (ma evidentemente ben orchestrate dai geni del marketing politico di ogni colore), l'erario se ne riappropria. A questo punto, discutere di Codice delle Autonomie fa quasi sorridere. Comprereste un'auto usata da questi uomini? (foto a piacere, please).

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