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martedì 30 ottobre 2007

Regolamento di conti

7 o 22. Sempre di mercoledì si tratta, ma in mezzo, oltre a due settimane esatte, ci sta tutta la differenza del mondo. Non che ai membri dei consigli di amministrazione delle società partecipate, interessati al taglio previsto dalla Finanziaria 2007, possa far caldo o freddo se gli vengono concesse un paio di sedute in più oppure no. La decisione di rendere più striminziti i CdA (tre o cinque al massimo i membri effettivi, secondo l'ammontare del capitale sociale) fa parte della grande partita che si gioca sui costi della politica e chi siamo noi per contestare tali nobili intenti. Ma il termine entro il quale modificare i relativi statuti è ormai diventato oggetto di una tenzone da fare invidia ai tornei medievali. Tutto gira attorno alla natura di un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (è con un provvedimento di questo tipo, infatti, che è stato definito il livello di capitale sociale oltre il quale i CdA possono avere cinque componenti): è o non è un regolamento? Se lo è, allora entra in vigore dopo la normale vacatio legis quindicinale. Se no, è vigente lo stesso giorno in cui appare in Gazzetta. Siccome allo scoccare dei tre mesi dall'entrata in vigore del decreto la carrozza dei CdA si trasforma nuovamente in zucca, ecco spiegato il busillis. Già, ma la risposta corretta qual è? Il punto è che sta passando (anche in lidi autorevolissimi) la tesi secondo la quale, per modificare gli statuti generosi e ridurli a più miti consigli, ci sia tempo fino al 22 novembre. La Corte dei conti della Lombardia ha offerto al Comune di Milano un articolato parere sulla più ampia questione determinata dalla cessazione dei consiglieri in esubero e delle conseguenze che ne deriverebbero alla società che li mette in quiescenza. Ne approfitta, però, per segnalare che: "Il decreto è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 7 agosto 2007 e, considerata la sua natura regolamentare, è entrato in vigore il 22 agosto 2007 per cui il termine entro il quale gli statuti delle società devono essere adeguati alla disciplina posta dal citato co. 729, dell’art. 1, della legge finanziaria per il 2007 è quello del 22 novembre 2007." Non si mette neppure per un attimo in discussione il fatto che il decreto non abbia natura regolamentare. Eppure. Imbeccati da un amico che se ne intende (grazie Giuseppe), abbiamo scavato pure noi. Partendo dalla considerazione che i regolamenti sono una fonte del diritto secondaria, si tratta di verificare se l'iter per l'approvazione di un D.P.C.M. è quello di un regolamento governativo (solo questi ultimi infatti sono atti normativi, gli altri restano, più modestamente, atti amministrativi). I regolamenti devono essere approvati dal Consiglio dei Ministri: e fin qui ci siamo. Servirebbe, a questo punto, un parere del Consiglio di Stato. E non mi pare che quest'ultimo sia stato coinvolto. Poi, dovrebbero essere emanati sotto forma di decreti del Presidente, sì, ma della Repubblica. E qui il paragone dovrebbe esaurirsi. Resta, è vero, il passaggio della registrazione alla Corte dei conti, ma a quel punto, la frittata è già fatta. Insomma, ci pare che la Corte sia scivolata su un'insidiosa buccia di banana. Oppure ci è sfuggito qualcosa che avrebbe illuminato il percorso. Urge un chiarimento, prima che ci scoppi la testa.

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