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venerdì 3 agosto 2007

L'ultimo banco

E' difficile, oggi, contestare il ruolo preminente che la Corte dei conti sta assumendo all'interno del quadro istituzionale dei controlli sugli enti locali. La capacità di valutazione dell'andamento gestionale e l'attenzione alla corretta approvazione dei bilanci preventivi e dei rendiconti sono appannaggio di un gruppo esteso di professionisti che possono incidere anche profondamente nelle procedure un po' vetuste e non sempre limpide delle amministrazioni comunali. Su alcuni specifici argomenti, però, la completa rigidità di approccio della Corte rischia di ridurne il carisma, alimentandone invece la fama di spauracchio contabile. Lo Struzzo giallo riporta oggi un parere della sezione sarda della Corte che affronta il tema ma fuori moda degli incarichi professionali e dei corrispondenti impegni di spesa. Il caso, frequentissimo, è quello dell'affidamento a un legale dell'incarico di difesa dell'ente in una causa. Per la Corte, che pur riconosce la difficoltà di determinare da subito il corretto importo da impegnare, non sussiste l'impossibilità di quantificare il compenso o, se non altro, di avvicinarvisi con buona approssimazione. Il che comporterebbe la collaborazione del professionista, il quale dovrebbe rilasciare un preventivo circostanziato e dunque non lontano dalla cifra finale. Qui finisce lo spirito collaborativo e inizia il controllo giurisdizionale. Perché qualsiasi somma al di sopra di quanto impegnato, sostiene la Corte, è debito fuori bilancio e dunque da sottoporre al Consiglio per il riconoscimento. Se ne deduce che le alternative possibili sono le seguenti: a) il Comune potrebbe impegnare una somma manifestamente eccessiva, pur di essere certo di non incappare nel debito fuori bilancio. Ma non può, perché commetterebbe un palese illecito amministrativo. b) il Comune impegna la somma preventivata dal professionista. Ma si ritroverà quasi certamente con un debito fuori bilancio, perché la durata e l'esito di una causa non sono di certo predeterminabili. Siccome la posizione della Corte è chiara: "l'impossibilità o la difficoltà di determinare l'esatto ammontare di una spesa non esime dall'obbligo di effettuarne una stima quanto più possibile veritiera e prudenziale, al fine di una corretta imputazione a bilancio", la seconda alternativa è l'unica praticabile. Mi chiedo però se questa insistenza sulla necessità di prevedere esattamente l'ammontare della parcella non rappresenti una forzatura procedurale. Sono consapevole della portata non emendabile della norma e dunque se il conto finale è 100 contro un impegno di 90, quel 10 deve essere riconosciuto in Consiglio. Ma nell'agitare lo spettro del debito fuori bilancio in casi come questo dove in realtà non si è verificata alcuna irregolarità dolosa o colposa, la Corte assomiglia parecchio al secchione che, per spiegare un canto dell'Inferno, lo cita a memoria davanti a tutta la classe.

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