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venerdì 24 agosto 2007

Con i fichi secchi

La pratica, comodissima ed efficiente, dell'interpello tributario ha ormai contagiato anche gli enti locali, che non lesinano in fantasia quando si tratta di proporre quesiti all'Agenzia delle Entrate. Non essendo neppure obbligatorio, poi, prospettare una soluzione al problema, tutto vien più facile e cade anche l'ultimo pregiudizio. L'Agenzia è, per solito, piuttosto indulgente con gli interpellanti, anche (soprattutto) quando la risposta ai dubbi comunali rasenta la banalità. Il contegno serioso dei funzionari ministeriali trasforma, così, ordinarie questioni pratiche in casi esemplari, pronti per essere riproposti in chiave manualistica da qualche editore ben disposto. Nella molteplicità dei quesiti, però, di tanto in tanto, si distingue l'episodio sintomatico, quello che, davvero, può scatenare un effetto domino che, dalla risoluzione, porta dritto dritto alle aule di tribunale, alimentando la giurisprudenza di merito. Son casi rari, d'accordo. Ma quando capitano, restituiscono all'istituto dell'interpello quella dignità che i troppi quesiti inutili rischiano di intaccare. Tra il grano dei primi e il loglio di questi ultimi, c'è poi la categoria intermedia dei quesiti che, pur rappresentando una sostanziale perdita di tempo per gli interpellati, finiscono per introdurre dubbi collaterali, ai quali purtroppo bisogna rimediare in modo autarchico, rimboccandosi le maniche e sperando di riuscire a venirne a capo con diligenza. L'Agenzia ha proprio ieri (è uno di questi casi) risolto a un Comune preoccupato un'incombenza molto pratica: se istituisco un servizio di celebrazione matrimoni in sedi che non siano il municipio oppure in orari che non siano quelli di servizio e ne addebito il costo ai nubendi, chiede il Sindaco, devo applicare l'IVA? L'Agenzia, con abituale accondiscendenza, riepiloga con dovizia di particolari le premesse giuridiche che escludono l'imponibilità di queste operazioni (che sono addirittura fuori campo IVA), in quanto effettuate dal Comune nella sua veste eminentemente istituzionale. Il Comune potrà in tutta serenità accogliere le richieste, a quanto pare non sporadiche, dei propri cittadini di celebrare gli sponsali nelle sedi che saranno preferite alla casa comunale (evidentemente poco luminosa). Fin qui la rilevanza ai fini del valore aggiunto. All'Agenzia, d'altronde, è stato chiesto un parere su un aspetto specifico, oltre non può e non deve andare. Mi resta così la curiosità di capire se e entro quali limiti l'intraprendente Sindaco possa legittimamente porre a carico dei freschi sposi una determinata somma a forfait, a titolo di rimborso spese. Innanzitutto, la stessa Agenzia (forse stuzzicata dalla singolare iniziativa) fa presente che "il Comune istante - nel permettere la celebrazione del matrimonio civile fuori dall'orario d'ufficio ovvero nel consentire l'utilizzo di immobili diversi da quelli ordinariamente adibiti all'esercizio dell'anzidetta funzione (...) non necessariamente pone in essere prestazioni distinte e ulteriori rispetto alle (...) funzioni pubblicistiche relative alla celebrazione dei matrimoni civili, ricomprese nel servizio di stato civile." Cioè non vi è alcuna differenza, dal punto di vista della istituzionalità della funzione esercitata, nel celebrare nozze civili in municipio o in un'altra sede, in orario d'ufficio oppure la domenica mattina. Inoltre, i locali prescelti per la cerimonia sono comunque di proprietà comunale (lo si evince dal testo del quesito), dunque sedi istituzionali a tutti gli effetti, per l'uso delle quali l'ente non sostiene costi ulteriori ed eccezionali rispetto a quelli ordinari. Lo stesso interpellante esclude, poi, che il servizio comporti per il Comune l'assunzione della spesa per addobbi, servizi fotografici ecc. così che a carico dell'ente restano, esclusivamente, le ore di lavoro straordinario dei dipendenti interessati e la manutenzione della sala per il tempo necessario all'espletamento della cerimonia. In particolare, queste ultime sono comunque sostenute in via ordinaria dall'ente anche per la sede municipale (un minimo di decoro, suvvia). Così, delle due l'una: o il servizio matrimoni è sempre a titolo oneroso per i promessi sposi oppure non lo è mai. Considerando la natura pubblicistica della funzione, sancita come ricordato dal Codice civile, ma anche dal TUEL e naturalmente dalle leggi sull'ordinamento dello stato civile, svolta dal Sindaco in qualità di ufficiale di governo, mi sentirei di escludere la prima ipotesi. Si accettano opinioni diverse, che mi convincano del contrario.

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