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mercoledì 24 gennaio 2007

Patto chiaro...amicizia lunga

Le polemiche sulle nuove regole del patto di stabilità stanno aumentando, anche in vista della prossima scadenza del bilancio di previsione 2007. Le associazioni dei comuni non ci stanno e propongono percorsi diversi per i comuni virtuosi. Ecco, ad esempio, la lettera inviata ai comuni lombardi con più di 15.000 abitanti dall'ANCI regionale per richiedere alcuni dati da girare al Ministero competente, con l'obiettivo di rivedere la normativa che obbliga questi enti ad approvare preventivi con stanziamenti in linea con il patto:
"A seguito di precorsa corrispondenza comunico che successivamente ad essa il Ministero E.F. e ANCI nazionale hanno precisato che è necessario conoscere la “dimensione del fenomeno”.
E’ quindi indispensabile che ciascun Comune comunichi a questa ANCI regionale:
1. Se per effetto della norma che richiede il rispetto del patto a preventivo codesto Comune si trova o meno nella impossibilità di rispettare il principio del pareggio del bilancio preventivo dell’esercizio 2007;
2. Qual è l’importo degli investimenti già previsti nell’elenco annuale 2007 deliberato, da togliere a causa del meccanismo del Patto che non consente (o riduce) l’assunzione di nuovi mutui agli Enti che non hanno assunto (o hanno assunto in misura modesta) mutui nel triennio 2003-2005;
3. Qual è l’importo degli investimenti, come sopra individuati, da tagliare per il divieto di conteggiare l’avanzo di amministrazione."
In tutta Italia, rileviamo, i comuni con più di 15.000 abitanti sono circa 700, cioè meno del 10% del totale. E' vero che il patto di stabilità coinvolge solo gli enti di dimensioni ragguardevoli (e comunque sopra i 5.000 abitanti ci sono circa 2.400 comuni su 8.100), ma è evidente che l'ANCI è ormai l'ANGCI, l'associazione nazionale grandi comuni italiani. A dire il vero, sarebbe ora che ciò fosse riconosciuto ufficialmente, poiché troppo diversi, pur nella ampia condivisione di compiti, adempimenti, procedure, ecc., sono i percorsi amministrativi tra entità demograficamente così lontane fra loro. Le rivendicazioni dei grandi non coincidono praticamente mai con quelle dei meno grandi (all'interno di un'ideale tripartizione fra: città, comuni con più di 10.000 abitanti, tutti gli altri). Così anche il nuovo codice delle autonomie dovrebbe prendere atto in modo esplicito di tale specificità e approvare norme differenziate per ciascuna fascia demografica. I comuni d'Italia, in fondo, in comune non hanno moltissimo.

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