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domenica 1 aprile 2007

Convergenze parallele 3

Le Linee guida 2007 della Corte dei conti sviluppano nella parte finale del questionario l'analisi di tre aspetti chiave per le future prospettive di gestione degli enti: il patto di stabilità (ovviamente solo nella versione per i comuni ad esso soggetti), il rapporto con le partecipate e l'analisi dell'indebitamento a medio-lungo termine. Sul primo aspetto, pur constatando che la Corte non può che agire conformemente alla normativa vigente, confermiamo le nostre perplessità. Un conto è giudicare il rispetto formale (legale) della sostenibilità delle manovre finanziarie dell'intero comparto pubblico nei confronti degli impegni europei (rispetto sancito da norme coattive, sulle quali in ogni caso è possibile aprire dibattiti di qualsiasi segno), un altro è ritenere gravemente lesivo degli equilibri economico-finanziari di un ente introdurre politiche di bilancio che a preventivo o a consuntivo risultino essere non conformi al patto. Mi sembra una posizione assai discutibile, dal momento che i comuni che rispettano il patto sono, di fatto, enti bloccati nella loro attività amministrativa (soprattutto d'investimenti), i quali sono quasi certi di ritrovarsi al termine dell'esercizio con un surplus di risorse da spendere, ma inevitabilmente congelate per non interrompere il ciclo virtuoso (!) imposto dal patto. La recente attenzione prestata alle modalità di gestione delle società di capitali partecipate dagli enti locali è, giustamente, sottolineata dalla Corte, che richiede un monitoraggio specifico, soprattutto per impedire il formarsi di consuetudini anti-economiche come quella del ripiano di deficit attraverso costanti ricapitalizzazioni. Entriamo qui in un ambito poco frequentato sino ad oggi dalle piccole realtà, che negli ultimi anni hanno fatto ricorso in modo sempre più assiduo alle esternalizzazioni per gestire servizi ritenuti inefficienti. L'automatica realizzazione di utili derivante dalla gestione in forma commerciale di quelle attività però resta una chimera. Le società saranno profittevoli laddove sono realmente possibili economie di scala. L'escamotage è invece stato utilizzato per ridurre sic et simpliciter le spese di personale, senza preoccuparsi troppo della effettiva qualità del servizio. Da qui, il moltiplicarsi di situazioni in perdita alle quali deve porre rimedio, guarda caso, l'ente (gli enti) azionista. Le risposte fornite dal questionario sono, in questo senso, limitate, ma operano almeno un primo setaccio facendo emergere le impurità del sistema. L'interesse di gran parte degli enti si focalizza senza dubbio sulla sezione dedicata all'indebitamento. Tra l'altro è anche quella con il maggior livello di dettaglio nella richiesta di dati. E non è un caso. Molto più che non il pedissequo rispetto del patto di stabilità, infatti, il monitoraggio dello stock di debito è metro di paragone per comprendere dove sta andando l'ente. Il periodo di tempo sotto osservazione si estende, al passato, sino al 2005, comprendendo però la prospettiva ricavabile dal pluriennale 2008-2009. L'utilizzo del solo parametro relativo all'indebitamento teorico è, purtroppo, un limite dell'indagine. L'ultima Finanziaria, ricordate, ha nuovamente elevato al 15% il rapporto massimo tra interessi su mutui e entrate correnti. D'accordo che si può fissare una soglia desiderata che ignori le fluttuazioni sancite dalla legge e oltre la quale scatta la reprimenda (diciamo il 10%?), ma forse sarebbe stato meglio chiedere ai revisori di specificare anche l'andamento dell'indice di rigidità della spesa corrente che, comprendendo anche le spese per il personale, avrebbe dato qualche informazione in più sull'elasticità del bilancio dell'ente. Il questionario chiede inoltre di specificare quali spese sono finanziate con il nuovo indebitamento. E qui, a meno di clamorose eccezioni, non dovrebbero emergere sorprese. Molto più interessante l'osservatorio sulle nuove forme di indebitamento. Poiché la legge ha introdotto nel tempo una varietà di opportunità da cogliere per ridurre il costo del debito, ho l'impressione che questo quadro sarà quello che fornirà nei prossimi anni le più sostanziose informazioni sulla capacità delle amministrazioni di operare in un'economia aperta. Mi chiedo, infine, se proprio per la complessità di questi strumenti, affidarsi oggi alla sola consulenza degli istituti bancari che offrono i loro prodotti non sia troppo rischioso. Il ruolo della Corte potrebbe essere prezioso anche in questo senso.

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