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venerdì 5 ottobre 2007

Lievito madre

I primi giorni di una nuova Finanziaria hanno il sapore delle torte appena sfornate, caldissime e fragranti. Purtroppo, sono anche altrettanto indigeribili, pullulanti come sono di novità smentite nel giro di pochi giorni o di varianti approssimative, prima ancora di finire in Parlamento per la discussione. Quasi che il disegno di legge fosse davvero un progetto scritto con l'inchiostro simpatico, sul quale ognuno potrà esercitare il virtuosismo di cui è capace.
Basta osservare la rapidità felina con la quale un'autorevole esponente governativa ha precisato che i comuni non subiranno alcuna conseguenza negativa dalla nuova detrazione ICI, perché gli acconti saranno erogati tempestivamente. Come se il punto centrale fosse il denaro sonante e non l'allontanarsi quasi irrimediabile di una prospettiva seria di autonomia tributaria locale.
Il tema principe di quest'anno, poi, sembra essere il costo della politica. Non sarà sfuggito a nessuno che su questo terreno così scivoloso stanno cascando uno alla volta tutti gli attori in commedia (dai protagonisti alle comparse). Perché, come ha osservato in modo intelligente pochi giorni fa uno di loro, anche un solo euro speso per la politica è sprecato se quest'ultima è pessima, ma innanzitutto perché un'incessante campagna mediatica sta trasformando un'istanza ragionevole in una crociata dove non si fanno prigionieri.
Qui, invece, più prosaicamente, preferisco sottolineare che la nebbia umida e spessa nell'oceano della politica esosa impedisce di scorgere l'approdo della nuova Finanziaria in materia di finanza locale. Dal testo del disegno di legge e da quello del decreto correlato già in vigore si ricava l'impressione che nulla sia davvero mutato rispetto alle intenzioni pur recenti espresse ad alto livello. Sarà pur vero che, al posto di un solo mostro leviatano con migliaia di commi, la manovra 2008 è strutturata in un centinaio di articoli (in origine erano venti di più, ma le strigliate del Quirinale hanno avuto più efficacia di una sentenza di tribunale) e dunque la si può esaminare senza farsi venire l'emicrania, ma non si era detto che la specificità delle autonomie meritava un provvedimento stralcio che, in modo omogeneo, avrebbe costituito le linee guida per una organica gestione del bilancio 2007? Di questa utile semplificazione non v'è alcuna traccia oggi, e nel testo che il Senato comincia a discutere bisogna piluccare qui e là, come un banco di aperitivi, per trovare quel che piace.
Al di là della promessa non mantenuta, che francamente non sorprende e, dunque, non innervosisce più di tanto, tale mancanza di originalità è il segnale di una deriva concettuale verso chissà quali orizzonti. Se, sugli stessi tavoli, stanno contemporaneamente: Finanziaria 2008, Codice delle autonomie locali, Federalismo fiscale e Bilancio ambientale (ne cito solo quattro, ma non certo per difetto), norme che di organico avranno solo la testata ufficiale sulla quale saranno pubblicate, appare chiaro che non c'è oggi e neppure a breve un'idea condivisa su come si debba intendere il rapporto tra Stato e Autonomie locali.
Da un lato, la manovra di bilancio perpetua l'idea che basta qualche ritocco alla disciplina del Patto e alla gestione del personale (da ridurre, beninteso), mentre decide sull'ICI più di quanto fosse auspicabile; dall'altro il testo sul federalismo fiscale ripropone lo schema dei comuni come l'anello debole della catena che, se non devono essere controllati dall'Erario, non possono che dipendere dalle scelte della Regione di riferimento: con quali limiti e conseguenze, ancora non si sa. Infine, con il bilancio ambientale si aggiunge un mattone al castello sontuoso della contabilità pubblica, benché sulla solidità delle fondamenta (leggi contabilità economica) nessuno si pronunci più. Più che un laboratorio di idee, la stagione appena iniziata rischia di diventare la Torre di Babele.

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