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giovedì 6 dicembre 2007

Leggenda metropolitana

La versione più recente del gioco delle tre carte se l'è inventata il legislatore (quest'entità incorporea più inafferabile del mostro di Loch Ness, e molto più pericolosa). Chi ha avuto la pazienza di sfogliare le illeggibili pagine del DDL Finanziaria 2008 così come sortito dal Senato della Repubblica si sarà certamente imbattuto, non senza un soprassalto, nell'art. 14 (attenzione, mi riferisco ancora alla numerazione originaria), comma 6. Anche bevuta d'un fiato, la norma scoppia come un petardo fra le mani dello sfortunato lettore. Dal 1° gennaio 2008, ciascun ente locale potrà, al fine "della semplificazione della varietà e della diversità delle forme associative comunali e del processo di riorganizzazione sovracomunale dei servizi, delle funzioni e delle strutture", partecipare a una sola delle seguenti possibili aggregazioni: consorzio, unione di comuni, associazione di comuni per l'esercizio di funzioni e servizi. Il dottor Stranamore che ha pensato a una norma del genere ha gestito la faccenda come un truffatore di strada. Illudendo gli enti locali che dopo il TUEL si erano convinti a rinunciare al campanilismo primitivo per donare disinteressatamente una quota della propria sovranità per raggiungere obiettivi comuni spendendo meno. La rozzezza della norma, che in poche righe manda per aria quel poco di buono che si era potuto ottenere dalla riforma ordinamentale, fa solo sorgere quesiti. Prima domanda: perché proprio quelle tre forme associative? Anche le convenzioni, rammento, sono diffuse in modo capillare nella galassia degli enti locali. Un pizzico di malizia mi spinge a dire che quest'ultima è la forma con la quale i segretari comunali coprono più sedi contemporaneamente. Conoscendo l'influenza che la corrispondente lobby esercita su chi di dovere, non stupisce affatto che due più due faccia davvero quattro. E quindi, seconda domanda, come mai sono escluse dalla ghigliottina le gestioni del servizio rifiuti e del servizio idrico integrato? Quesito retorico come non mai perché il profumo acre degli euro che fanno tanto volume d'affari chiarisce immediatamente il punto: laddove si aprono spazi per fatturare a più non posso, non c'è semplificazione che tenga. La terza domanda ce la siamo tenuti per ultima, poiché è quella che misura l'incomprensibile e diabolica perseveranza di chi legifera a viaggiare contemporaneamente su due corsie: da un lato, spingendoci verso l'autonomia, dall'altro, togliendocene un pezzo alla volta. Insomma, è il caso di chiedersi, qual è l'obiettivo finale di questa campagna bellica? La contraddizione madornale che si palesa leggendo quel comma fa sì che, allo stesso tempo, coesista un Testo unico nel quale le forme associative sono proposte e incentivate come sistema privilegiato per destinare risorse scarse ad un uso davvero efficiente, insieme a un frammento di Finanziaria che (in barba a qualsiasi richiesta di concentrare in un testo organico le modifiche all'ordinamento) capovolge la logica appena esposta e, con le identiche motivazioni, costringe i comuni a fare marcia indietro. E con quale criterio, poi? Si farà come al luna park, tirando a sorte e sperando che la forma associativa prescelta non sia quella che costa di più. Altrimenti, vuoi vedere che ci obbligherebbero a chiudere pure quella?

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