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domenica 20 aprile 2008

Hard discount

In questa frenetica coda d’aprile, vero e proprio supermercato delle scadenze, solo l’imbarazzo della scelta può impedire di fermarsi a riflettere su cosa ciò comporti per il Servizio finanziario medio. Basta ricapitolare mentalmente in rapida successione la concentrazione di appuntamenti che attende gli uffici per rendersi conto che, come diceva il poeta, questo è proprio “il più crudele dei mesi”.
Escludendo l’eventuale approvazione del bilancio di previsione, che un Ministero in vena di concessioni ha generosamente dilazionato fino alle soglie dell’estate, non c’è settore che non abbia la sua gatta da pelare, più o meno addomesticabile. Dall’invio dei dati sulle collaborazioni coordinate e continuative al recepimento del CCNL 2006-2007, appena sottoscritto (Personale); dalla certificazione del minor gettito ICI alla trasmissione degli elenchi IVA 2007 (Tributi); dall’invio dei dati riepilogativi sulle partecipazioni dell’ente all’aggiornamento degli elenchi dei beneficiari di provvidenze economiche (Contabilità). Il mio personalissimo giudizio è che l’ostacolo più consistente sia rappresentato dall’invio (telematico, va da sé) del primo elenco dei clienti e dei fornitori ai fini IVA, relativo ai dati dell’anno 2007. Ciò che, lo scorso ottobre, ci era stato risparmiato, torna ora (con ogni probabilità, definitivamente) con il suo carico di informazioni da ricostruire ed elaborare. Come vedremo, però, la scadenza può essere adempiuta senza farsi prendere dal panico dell’ultim’ora.
Il primo problema è legato all’articolazione dei dati che l’ente deve caricare nel sistema. La schermata del software ministeriale propone il caricamento di una scheda per ciascun cliente o fornitore, contenente: i suoi dati anagrafici principali, compreso il codice fiscale e la partita IVA; l’ammontare delle operazioni rilevanti ai fini IVA, distinguendole tra imponibili, non imponibili ed esenti; l’ammontare dell’imposta relativa alle operazioni stesse; l’importo delle eventuali note di variazione emesse nell’anno, anche in riferimento a operazioni del 2006. Messa così, la faccenda assumerebbe contorni inquietanti, per chi intendesse produrre il file da trasmettere in piena autonomia organizzativa. Tuttavia, la fortuna aiuta sempre gli audaci: il decreto dello scorso 25 maggio 2007 che delineava le procedure per la trasmissione degli elenchi contiene già al suo interno una clausola semplificativa che, limitatamente al 2007 (dato l’esonero stabilito per i dati 2006), consente di limitare la compilazione dell’elenco clienti ai soli soggetti titolari di partita IVA. Non è cosa da poco, se si pensa, ad esempio, alla fatturazione relativa al servizio acquedotto che, in prevalenza, è costituita da documenti emessi a carico di famiglie. La selezione dei destinatari di fatture di vendita, dunque, potrà essere più mirata e rapida. La vera chicca, peraltro, sta in un successivo paragrafo, laddove si chiarisce che i dati da riepilogare possono escludere (e ciò sempre limitatamente all’invio per l’anno 2007) le seguenti operazioni: fatture (emesse o ricevute) di importo inferiore a € 154,94 registrate cumulativamente; fatture (emesse o ricevute) per le quali non è prevista la registrazione ai fini IVA; fatture emesse annotate nel registro dei corrispettivi.
Con questo bonus, le schede da compilare dovrebbero ridursi in modo significativo, limitando, almeno per quest’anno, l’impatto della nuova scadenza. Poiché siamo abituati a non prendercela troppo, ogni volta che un adempimento si aggiunge al già debordante carnet di appuntamenti, non ci si è neppure posti la domanda se tale invio abbia una sua logica operativa. Forse, più di altre volte, lo sforzo per completare correttamente i quadri dell’elenco ha una finalità concreta e significativa: rendere trasparente e più controllabile (perché confrontabile in maniera incrociata) il flusso di operazioni economiche ai fini IVA. Ci si dovrebbe peraltro rendere conto che ciò che quest’anno rappresenta un’eccezione, dovrebbe rimanere come regola per gli enti locali, tenendo conto della prevalenza assoluta (tra i servizi commerciali e in ogni caso non istituzionali) di operazioni di importo limitato ed effettuate nei confronti di soggetti privi di rilevanza fiscale. L’eccezione comunale, stavolta, non avrebbe il sapore di una dispensa per inefficienza manifesta.

domenica 13 aprile 2008

Disco fisso

A chi dovremmo attribuire, ora, le responsabilità maggiori? Alle maestranze preposte alla manutenzione dei server ministeriali oppure all’ottimismo della volontà dei suoi funzionari più illuminati. Alla foga degli enti locali, smaniosi di spendere a piene mani, oppure al completo menefreghismo del monopolista della riscossione locale. Ci sta tutto, in questa vicenda che ormai ha oltrepassato da un pezzo il limite dell’avanspettacolo. Se, per saldare i conti con i propri fornitori, bisogna attendere il ‘nulla osta’ di Equitalia, ci si sarebbe aspettato un accordo bilaterale tra quest’ultima e il ministero per organizzare in modo ordinato e preventivo un flusso di dati nuovo e massiccio. E soprattutto ininterrotto. Invece, ciò che sta accadendo da un paio di settimane rammenta sempre più da vicino gli incubi del miglior Hitchcock. Siccome ci abbiamo provato tutti, non è necessario ricordare le interminabili attese davanti allo schermo, sistematicamente concluse da errori e blocchi. E da una sola conclusione: impossibile accedere.
Improvvisamente, a partire dallo scorso 29 marzo, nel pur imponente sito dedicato agli acquisti in rete della P.A., si è aggiunto un intruso, atteso da mesi ma mai venuto compiutamente alla luce. C’è voluta l’insistenza di qualche dirigente per produrre infine quel decreto il cui testo mette nero su bianco la nuova procedura e contro il muro la stabilità informatica dell’intero sistema. Ottomila abbondanti comuni (ci limitiamo alla fattispecie più numerosa) hanno dovuto accedere all’unico indirizzo disponibile per chiedere cortesemente di sapere se il proprio fornitore è contemporaneamente moroso nei confronti dell’erario (in qualsiasi forma sia evocato). E, una volta accertato che la fedina fiscale è pulita, procedere alla liquidazione di quanto dovuto.
Il grottesco ripiegare su sé stessa della presunzione con la quale si è baloccato il ministero negli ultimi mesi è il segnale che una norma del genere è stata pensata senza avere neppure un’idea vaga del carico di accessi che avrebbe provocato sui poveri server, abituati a un più modesto traffico da pomeriggio al mare. La frittata però è giunta a cottura troppo tardi e la questione che si pone immediatamente è: se l’impalcatura del sistema poggia invariabilmente sull’informatica, come rispettare la legge quando è impossibile farlo per via normale? Sembra un’inezia, abituati come siamo a superare indenni qualsiasi ostacolo ci venga piazzato sulla strada dell’efficienza. Eppure qui c’è un terzo incomodo, che poi sarebbero i creditori, ai quali non è possibile dire un giorno sì e l’altro pure che: “mi spiace, non posso pagarla perché non posso chiedere l’autorizzazione.”, senza rischiare reazioni inconsulte e (francamente) non proprio ingiustificate. Si sta innescando, insomma, un meccanismo che, inevitabilmente, porterà o alla sistematica violazione della disposizione o a un’interminabile serie di contenziosi incrociati Comune-Equitalia-Fornitore dagli esiti imprevedibili.
Intanto, i giorni stanno trascorrendo veloci, e, nella apparentemente totale indifferenza dei tecnici ministeriali, l’unico rimedio al quale molti stanno pensando per non bloccare nel fango informatico le ruote della carrozza amministrativa è l’artificiosa suddivisione dei pagamenti in tranche inferiori a 10.000 euro. E’ una pratica corretta? Indubbiamente rasenta l’elusione, poiché il debito dell’ente è misurato in relazione alla prestazione offerta. Tuttavia, se parliamo di forniture ricorrenti, la suddivisione mensile dell’impegno annuale è una pura convenzione e non si vede perché essa non possa essere ulteriormente suddivisa (e la norma parla di ‘pagamenti’ sopra i 10.000 euro). Molto più azzardato ragionare parimenti per gli stati di avanzamento lavori di opere pubbliche. Non tanto perché l’importo complessivo del singolo SAL può superare largamente la soglia di legge, quanto perché l’approvazione dello stesso avviene in modo unitario e il frazionamento può nascere esclusivamente da accordi espliciti con l’impresa appaltatrice. In questo caso, parrebbe opportuno far rilasciare dall’impresa l’autocertificazione a suo tempo proposta dal Ministero in una circolare che pareva audace e invece anticipava solo il disastro a venire.